Casa di riposo Aurora, l’orrore nelle intercettazioni Paura degli anziani, «tanto da invocare la morte»

«Purtroppo così capisci, a suon di calcioni. Quando ti alzi ti fai male. Penso che devi capire che appena ti alzi ti fai male. Allora, quando ti alzi, devi associare la tua alzata al dolore». Parole pesanti, associate a calci, schiaffi e altre violenze. Un sistema, quello descritto dagli inquirenti che hanno indagato sulla casa di riposo Aurora, di via Emerico Amari, che pare si basasse sulla costanza delle vessazioni a carico degli anziani ospiti, ormai fiaccati nello spirito, oltre che nel corpo. «In particolare dalle conversazioni audio e dalle immagini captate – si legge nelle carte del gip – emergono le quotidiane vessazioni, le ingiurie, le percosse e umiliazioni inflitte agli anziani, costretti a vivere in uno stato di costante soggezione e paura, al punto di invocare la morte come liberazione dalle sofferenze. Ovvero indurli in uno stato di totale esasperazione al punto di fargli compiere atti di autolesionismo».

Autolesionismo che si è tradotto anche in un tentativo di suicidio, un gesto estremo da parte di una delle degenti su cui le dipendenti della struttura sembravano essersi particolarmente accanite. «Faccio schifo, faccio pena» ripeteva inizialmente la donna, invitata anche da una delle presunte aguzzine, che le chiedeva di ripetere ancora e ancora quelle parole. Da principio l’anziana, con evidenti problemi, batte la mano sul tavolo, poi inizia a schiaffeggiarsi sul volto. Un rituale che pare si ripetesse ogni volta che la donna veniva ripresa o rimproverata. Anche per questo le indagini sui maltrattamenti, partite da febbraio, hanno subito una notevole accelerazione, per il degenerare delle condizioni psichiche di questa paziente, che alla fine tenterà anche di gettarsi dal balcone, lo scorso 10 aprile.

«Un ulteriore elemento da ultimo acquisito è dato da un procedimento progressivo degli atteggiamenti autolesionistici della signora ****, un’anziana ospite particolarmente presa di mira dalle inservienti della casa di riposo, odierne indagate – scrive il pm – Nella precedente nota del 9/4/2020, si era già evidenziato che la signora aveva manifestato più volte l’intenzione di volere morire, nelle ultime registrazioni audio e video, tale proposito è stato quasi messo in atto dall’anziana donna esasperata, la quale, dopo essersi lamentata di non sopportare più le vessazioni quotidiane, apre la finestra e fa il gesto di buttarsi dal balcone riuscendo a mettere la gamba oltre la balaustra. Un gesto estremo, per fortuna non andato a compimento, ma solo per la ritrosia della signora, che ha desistito all’ultimo dal compimento del suo proposito e non certo per l’intervento delle inservienti presenti (Florio, Di Liberto, La Barbera), che hanno assistito alla scena con indifferenza, intervenendo solo tardivamente».

La stessa signora era stata minacciata e percossa per i motivi più disparati, anche solo per avere bevuto da una bottiglia poggiata sul tavolino di fronte alla televisione. «Appena ti muovi i cca t’ammazzo», e ancora «Appena ti muovi ti do tutti i pugni… capito? Capito? Non ti rischiare più a prendermi la mia bottiglia. Non ti devi rischiare più». Queste le parole spese nei confronti dell’anziana da Rosaria Florio, che non si lasciava intenerire neanche di fronte alle preghiere della donna, che chiedeva: «Non me ne dare pugni». «No, no, i pugni te li do – la risposta dell’inserviente – appena viene Cristina glielo dico, capito? Perché le cose degli altri non si toccano, schifosa». La Cristina in questione è Maria Cristina Catalano, la responsabile occulta della clinica, persona che – a quanto pare, visto i riscontri dell’indagine – incuteva anche un certo timore nei degenti, la stessa donna che, nelle intercettazioni, si vanta di avere rianimato un’anziana paziente in punto di morte senza ricorrere all’aiuto degli operatori sanitari. Una cosa che, parole sue, in altri periodi non avrebbe fatto: «in altri periodi avrei aspettato che moriva perché già boccheggiava, io lo ripeto, fosse stato un altro periodo non avrei fatto niente l’avrei messa a letto e avrei aspettato. Perché era morta». 

Ma di ognuna delle sei donne arrestate stamattina dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza si potrebbe sciorinare un lungo campionario di minacce e percosse ai danni dei degenti più fragili, tutte registrate e documentate dalle cimici e dalle microcamere nascoste in clinica. Se, per esempio, Catalano non aveva problemi ad ammettere, parlando con una paziente, che «signora, io sto lavando le altre persone, lei che mi fa schifo viene all’ultimo, quindi, se continua a gridare io non vengo. Perché prima ci sono le signore, poi all’ultimo viene lei, che fa schifo»; anche Antonina Di Liberto non era da meno: «Vai a sederti o ti rompo una gamba. Ora prossimo giro ti lego! Ti lego», diceva riferendosi a una procedura, quella del legare i pazienti, documentata anche in video dai finanzieri. Anna Monti chiamava un’anziana «fantasma dell’opera», non prima di averle ricordato quanto puzzasse. Maria La Barbera spiegava a una signora che per quanto le riguardava poteva anche crepare, così come Vincenza Bruno ricordava a un anziano che «proprio sei la merda delle persone, e lo puoi dire a chi vuoi, ‘na merda sei». Il tutto, corredato da strattoni, spinte, calci. Uno scenario tristemente confermato anche dalle parole di due ex dipendenti della struttura, che hanno conferito con le autorità.

Gabriele Ruggieri

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