Un testo che affronta con realismo e lucidità, ma trasferendo anche un palpabile sentimento, alcune tematiche che caratterizzano con urgenza la nostra epoca e il nostro Paese. Questo è L’infanzia negata, il libro scritto dal giornalista Carmelo Riccotti La Rocca, che racconta il dramma delle donne romene in Italia, la lotta al caporalato, la realtà con cui si interfaccia, in particolare, il presidio Caritas in provincia di Ragusa, le attività criminali che si nascondono in parte della filiera dell’agroalimentare.
La vicenda della giovane Giulia, un nome di fantasia ma qui simbolo di una delle tante storie reali, ci racconta di diritti violati, di una crescita accelerata e brutale che tradisce l’infanzia, di sogni spezzati dalla violenza e dalla miseria. È la tragedia dei «figli del caporalato», degli invisibili che vivono ai margini della società, degli esseri umani classificati come di Serie B. Il libro di Carmelo Riccotti La Rocca (impreziosito dalla copertina curata dall’artista Olga Minardo) è arricchito da contributi di valore e testimonianze, quali quelle di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente; Silvia Dumitrache, presidente dell’associazione Donne Romene in Italia; Padre Beniamino Sacco, della parrocchia dello Spirito Santo di Vittoria; Michele Mililli, responsabile del coordinamento lavoratori agricoli dell’Usb di Ragusa e Vincenzo La Monica, Responsabile del Presidio Caritas di Ragusa.
«Faccio il giornalista da diverso tempo – dice a MeridioNews L’autore – e qualche anno fa ho iniziato ad interessarmi della questione sulla fascia trasformata del ragusano, nel Sud della Sicilia. È una zona vastissima adattata all’agricoltura sia in serra che a pieno campo. Considerato il clima favorevole, nel Ragusano, così come in tutte le zone dove si registrano temperature medie elevate, vi sono più campagne produttive nel corso dell’anno, per cui si richiede manodopera per quasi tutti i mesi dell’anno. È in questo contesto che lavorano migliaia di stranieri, molti sono di nazionalità romena. Quando mi sono approcciato all’argomento, l’ho fatto insieme all’amica e collega Martina Chessari con la quale abbiamo deciso di affrontare il tema della dispersione scolastica e della condizione dei bambini che abbiamo chiamato i “figli del caporalato”. È stato un lavoro di diversi mesi durante i quali abbiamo seguito le storie di 15 bambini, quasi tutti romeni e rom, che erano stati inseriti a scuola grazie ad un progetto finanziato dalla chiesa Valdese».
«Ne è venuto fuori un reportage video intitolato Anch’io vado a scuola, che racconta le vicende dei bambini, ma che tocca anche i temi dello sfruttamento lavorativo, del caporalato e della violenza di genere – continua Riccotti La Rocca – Presentato il reportage non mi sono dimenticato di quei bambini. Così sono ritornato ancora in quei luoghi, ho visto anche che la situazione non era affatto migliorata, anzi, di quei 15 ragazzini, quasi tutti avevano lasciato la scuola perché nel frattempo il progetto della chiesa Valdese era terminato e le istituzioni non riuscivano a garantire il trasporto scolastico per una questione di competenza territoriale. È stato negato loro il diritto allo studio, diritto cardine della Costituzione italiana».
«Lo Stato con questi ragazzini ha perso – dice – A queste informazioni ho aggiunto poi la conoscenza di donne che lavorano nelle serre e che, purtroppo, molto spesso, sono sfruttate, lavorativamente e sessualmente, e sottopagate. Di donne che lavorano nelle serre ne ho conosciute parecchie, ma nessuno, o quasi nessuno, ama parlare di ciò che subiscono o delle violenze che avvengono all’interno e all’esterno del contesto lavorativo e familiare. Ma certe cose sono sotto gli occhi di tutti».
Nel libro, ad esempio, le racconta un sacerdote, padre Beniamino Sacco, uno dei primi a denunciare i festini hot che avvengono nelle campagne e a dare riparo alle donne incinte lasciate sole. «Da noi – racconta nel libro padre Sacco – sono nati 8 bambini frutto di violenze sessuali e la cosa che mi ha ferito di più è vedere le mamme rinunciare ai figli perché dicevano di essere venute in Italia per lavorare”. Nel giugno nel 2019 la Polizia ha scoperto, in quelle campagne, che una tredicenne veniva abusata sessualmente da anni da lavoratori e da anziani. Tutto questo avveniva con la complicità della madre che concedeva la figlia in cambio di una doccia pulita e un posto dove dormire».
Quello delle condizioni abitative in cui vivono interi nuclei familiari è un altro problema molto importante. «Ho conosciuto diverse famiglie che vivono in magazzini adibiti a case, senza luce né acqua, con i bagni che sono delle vere latrine. Eppure per quelle catapecchie pagano centinaia di euro al mese. Un articolo o un libro – conclude l’autore – non possono cambiare il mondo, ma possono certamente aiutare le persone a prendere coscienza di ciò che accade. Alcuni magari non conoscono questi fatti, eppure avvengono a pochi chilometri di distanza dalle loro case. Le istituzioni, forse, si potranno sentire in qualche modo spronate a fare di più. Io mi auguro che le vittime di queste storie possano capire che la fuori c’è qualcuno pronto ad aiutarle, a sostenerle».
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