Cara, Residence degli aranci sede per 3 anni «Entro un mese nuovo bando per i servizi»

Cercasi «immobile esistente all’interno del perimetro del territorio del Calatino, da adibire a Centro d’accoglienza richiedenti asilo per un periodo di tre anni, prorogabili per altri tre, con un numero di vani sufficiente all’ospitalità di tremila immigrati». L’avviso di ricerca di mercato del Consorzio Calatino Terra d’Accoglienza, ente attuatore del Cara di Mineo, si è chiuso il 10 febbraio. E l’offerta pervenuta, come era facile prevedere, è solo una: quella della ditta Pizzarotti, proprietaria del Residence degli Aranci, attuale e futura sede del Centro per richiedenti asilo più grande d’Europa. L’accordo è stato raggiunto, dopo lunghe trattative, per una somma di quattro milioni e 500mila euro all’anno. Tanto costerà la locazione della mega struttura, fino al 2010 usata come residenza dai soldati statunitensi di stanza a Sigonella.

«La prima offerta pervenuta era di sei milioni di euro, più un milione e 650mila euro per la manutenzione – spiega Giovanni Ferrera, direttore generale del Consorzio dei comuni – Una richiesta non congrua». La stessa che, tuttavia, era stata accettata nel primo periodo di esistenza del Cara, durante la fase dell’emergenza Nord Africa. «In quel caso, però – sottolinea Ferrera – non si trattò di locazione, ma di requisizione. I calcoli si fanno partendo dal valore del’immobile, stimato in questo caso in 80 milioni di euro. Per la locazione la norme prevedono un canone del 4-5 per cento, cioè circa quattro milioni di euro. Nel caso della requisizione questa percentuale è più alta». Il direttore generale annuncia anche che la Pizzarotti si è impegnata a versare 150mila euro al Consorzio dei Comuni. Somma destinata alla creazione di una nuova area all’interno del Cara, attualmente non costruita, dove verranno realizzati prefabbricati in cui trasferire gli uffici. «E’ un’idea proposta dalla Questura e decisa dal Coordinamento di sicurezza prima dell’estate, così la parte amministrativa sarà in un luogo più sicuro e gli immigrati avranno più spazio», aggiunge Ferrera.

Il passo successivo sarà la pubblicazione del nuovo bando di gara per i servizi. «Arriverà entro questo mese e per la fine di aprile conto di provvedere all’aggiudicazione», promette il direttore generale. E’ questo un passaggio atteso da molto tempo e rinviato più volte, a causa delle puntuali proroghe che, a partire dal dicembre 2012, si sono susseguite. Con la fine dell’emergenza Nord Africa la gestione è passata dalla protezione civile al Ministero dell’Interno. Proprio alla fine del 2012 per tutti i Cara d’Italia è stato rinegoziato il costo giornaliero per migrante che lo Stato italiano sostiene: si è passati da 46 a 35 euro. Quindi due proroghe si sono registate a giugno e a settembre del 2013. In autunno il Ministero dell’Interno, ente fino a quel momento chiamato a bandire la nuova gara, incarica il Consorzio di effettuare la ricerca di mercato. E, successivamente, di pubblicare il nuovo bando. «Se avessimo chiesto con la medesima procedura la disponibilità della struttura e anche quella dei servizi, sarebbe stata una gara truffa, perché solo la Pizzarotti, con gli eventuali partner da lei scelti, avrebbe potuto rispondere», sottolinea Ferrera. Così facendo, il direttore annuncia invece un avviso pubblico europeo, anche se, ammette, «ci sono una decina di società e cooperative riconosciute che gestiscono già altri centri in Italia, iscritte all’albo regionale, e che parteciperanno sicuramente». Alcuni di questi nomi sono entrati nelle cronache degli ultimi mesi, come il Consorzio Sisifo che, oltre al Cara di Mineo, gestisce anche quello di Foggia e il Cspa di Cagliari.

C’è infine quel numero: tremila. Nella ricerca di mercato per la struttura idonea si smentisce in sostanza, nero su bianco, il limite massimo di duemila ospiti per il Cara, sancito dal Patto del territorio nel 2011. «Si va contro l’impegno tra governo e Comuni – denuncia Giuseppe Mistretta, portavoce del comitato Mineo prima di tutto – Abbiamo depositato una petizione qualche settimana fa per chiedere, tra le altre cose, anche il ridimensionamento del Centro a duemila unità». Ma è ancora il direttore generale Ferrera a spegnere gli entusiasmi, annunciando che «il Ministero sta studiando un nuovo patto con il territorio che indichi la capienza massima in tremila ospiti. D’altronde – conclude – la realtà è cambiata e, se continuano gli sbarchi, anche mettendo una soglia più bassa alla fine saremmo comunque costretti a cedere di fronte alle richieste che vengono da Roma».

Salvo Catalano

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