«Non abbiamo intenzione di andarcene». I lavoratori licenziati dal Cara di Mineo non vogliono lasciare il Comune di Caltagirone. Lo hanno occupato ieri, con l’obiettivo di restarci dentro finché il ministero dello Sviluppo economico non avrà deciso di convocare un tavolo per riaprire una vertenza che, secondo loro, è partita tardi e si è chiusa troppo in fretta. Così si sono piazzati nel municipio calatino, armati di striscioni chiarissimi: «Il lavoro è dignità, non è carità», «Mai tutelati ma dimenticati». In totale, sono circa 150 le persone che hanno perso l’impiego a seguito del cambiamento di appalto: il bando-mostro – oggetto di inchieste giudiziarie e polemiche – è stato trasformato dalla prefettura di Catania in una gara d’appalto suddivisa in quattro lotti. «Ma solo per due lotti è stata prevista l’assunzione di altro personale: il primo e il terzo, cioè quello che riguarda l’assistenza amministrativa e sanitaria e quello delle pulizie», spiega Lucia Inzirillo, segretaria provinciale Confali e lavoratrice della struttura del Calatino dal 2014.
«Io rientro tra i fortunati lavoratori che sono stati ri-assunti – spiega – Mi occupavo di assistenza all’infanzia, ma adesso potrei cominciare a fare tutt’altro, per esempio servire i pasti, come sta capitando a molti colleghi». Assieme ai dipendenti licenziati, nel palazzo comunale di Caltagirone, c’è anche lei. Non solo per solidarietà con le persone con cui ha lavorato a stretto contatto negli ultimi quattro anni, ma anche perché la situazione difficile riguarda anche chi ha ancora la propria occupazione: «Non sono stati mantenuti i contratti precedenti – dice la sindacalista – Chi era a tempo indeterminato adesso si ritrova con un contratto che scade a 30 o a 90 giorni. Quest’ultimo è il mio caso, a 18 ore settimanali». Senza contare la questione delle mansioni: «La maggior parte di noi non era indicato come lavoratore specializzato, quindi anche chi faceva l’educatore adesso si ritrova a somministrare il cibo. E il punto non è l’impiego, è che se uno faceva un’altra cosa non è qualificato per farne una diversa. A queste condizioni, davvero, si rischia il caos».
Il timore è che nella struttura, con tutto quel personale in meno, possano nascere tensioni. E se è vero che, al momento, gli ospiti sono circa 1900 (a fronte dei 2400 posti disponibili) è anche vero che «c’erano luoghi in cui i colleghi avrebbero avuto bisogno di aiuto prima, figurarsi adesso». Un esempio? «Il bazar, il posto dove si comprano gli oggetti di prima necessità o le sigarette. Ci domandiamo come si potranno coprire tutti i turni, considerando inoltre che, visto che adesso le ditte dentro al Cara non sono più una soltanto ma diverse, non si può nemmeno contare sulla mobilità interna».
Già l’1 ottobre, data in cui si è consumato il passaggio dalla gestione Nuovo Cara Mineo a quella attuale e parcellizzata, i lavoratori si erano riuniti a protestare sotto agli uffici della prefettura di Catania. E adesso è proprio all’ufficio territoriale del governo che viene chiesto un intervento: «Ai tavoli tecnici non si sono mai presentati dei rappresentanti prefettizi. In questo modo è stato facile iniziare le trattative il 25 settembre e chiuderle il 28, anche se la gara era stata aggiudicata mesi fa e si sapeva, quindi, che si sarebbe posto il problema occupazionale», conclude Lucia Inzirillo. Adesso, i lavoratori sono nel Comune di Caltagirone e lì vogliono restare. «Abbiamo bisogno che le istituzioni ci ascoltino. Non si possono lasciare 150 persone a casa da un giorno all’altro».
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