Le dieci città che, il prossimo febbraio, si contenderanno il titolo di Capitale italiana della cultura per il 2020 sono Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata, Merano, Nuoro, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Treviso. Non c’è Catania, nella short list elaborata dal ministero dei Beni culturali a partire dalle 31 candidature complessive, e nemmeno uno degli altri sette centri che avevano avanzato la candidatura «di territorio» del Val di Noto. D’altronde, anche se la candidatura giunta dalla Sicilia orientale in realtà ci fosse stata, comunque il nome di Catania, e quello delle altre città come Caltagirone, Militello, Modica, Palazzolo Acreide, Scicli e Siracusa, non sarebbe potuto comparire nell’elenco.
Le candidature di squadra non erano infatti contemplate dal regolamento introdotto con la legge Art Bonus – si parla solo di Comuni o unioni di Comuni – e così era stata solo la città di Noto a intestarsi, da capofila, il dossier per il Val di Noto Capitale della Cultura. Per le terre del barocco siciliano, però, non c’è stato niente da fare e, a rappresentare l’Isola tra le finaliste ci sarà solo Agrigento. «Auguri a chi rappresenterà tutta la Regione – commenta a MeridioNews l’assessore alla Cultura di Noto Franky Terranova, senza nascondere l’amarezza – Siamo delusi, il nostro era un progetto totalmente innovativo, forse anche così tanto da non essere compreso». L’assessore si mostra consapevole delle difficoltà che aveva posto la candidatura plurale: «Il bando aveva difficoltà a recepire candidature non di città ma di un intero territorio – ammette – tutto ciò per noi era un punto di forza, anche considerato che città come Catania e Siracusa avevano fatto un passo indietro in favore di un’ampia sinergia».
La forzatura, sebbene motivata da buone intenzioni, pare dunque che non abbia funzionato. Con il suo tramonto, il dossier Val di Noto si porta dietro anche ambizioni e speranze emerse negli ultimi anni alle falde dell’Etna. L’amministrazione comunale di Catania aveva, come ricordato prima, lasciato spazio al candidatura corale malgrado l’impegno ad andare da soli assunto in precedenza con enti e associazioni promotrici. L’idea di Catania capitale della Cultura era partita da un forum di associazioni cittadine di varia natura, per poi essere colta al balzo dal Comune.
Di quello spunto iniziale, oggi, non sarebbe più rimasto nulla come spiega l’imprenditore Andrea Urzì, uno dei promotori della petizione e delle varie interlocuzioni di due anni fa. «Questo flop non è per nulla inaspettato – dichiara a MeridioNews l’esponente dell’associazione Facciamo centro – l’idea di base era totalmente diversa da quello che poi è venuto fuori: il Comune avrebbe dovuto essere solo il portavoce di proposte e contenuti dal basso». Anche solo gareggiare al massimo delle proprie possibilità, per Catania, sarebbe stato salutare: «Ci sarebbe stato un obiettivo comune e un percorso di rigenerazione soprattutto sociale di cui avremmo posto le basi – spiega Urzì – non sarebbe stato importante vincere il titolo a tutti i costi, ma puntare sulla crescita della comunità con un progetto dedicato alla città». Dopo che l’amministrazione ha optato però per il treno del Val di Noto, aggiunge infine l’imprenditore, «è venuto fuori un progetto senz’anima, quando invece non si partecipava a un concorso di bellezza basato sul numero di siti Unesco, ma si doveva proporre una visione di città che purtroppo è mancata».
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