Grandi poeti e grandi artisti, attraverso parole e immagini, fin dall’antichità hanno cantato le eroiche gesta di valorosi uomini in guerra, battaglie epocali a cavallo tra storia e mito, esodi di popoli alla ricerca di una terra promessa. Ma le guerre, in realtà, hanno molto poco di epico, sebbene sembrino tragicamente accompagnare la lunga epopea dell’esistenza umana. Uno dei più incisivi e irruenti cantori della storia umana contemporanea, oggi, è senza dubbio Ai Weiwei – artista e attivista cinese celebre per le sue battaglie per i diritti umani e per essersi opposto al regime del suo paese, scontando anche il carcere –, che ha realizzato, per gli spazi dello ZAC ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, una grande installazione pavimentale dal titolo Odyssey. Mille metri quadrati di fregi in bianco e nero raccontano gli orrori della guerra, la paura e la tragedia di perseguitati e migranti che abbandonano il loro paese sperando di trovare pace altrove. L’interesse da parte dell’artista per lo studio di questi temi nasce già nel 2011, anno del suo arresto, ma può concretizzarsi solo nel 2015 quando gli viene restituito il passaporto e la possibilità di viaggiare fuori dalla Cina per visitare i campi profughi di diversi paesi, tra cui Grecia, Turchia, Libano, Giordania, Israele, Gaza, Kenya, Afghanistan, Iraq, Pakistan, Bangladesh e Messico.
Ai Weiwei per Odyssey si ispira alla pittura vascolare greca, alla tradizione romana del rilievo storico narrativo, alla stilizzazione grafica dell’arte egizia; cita la Pietà di Michelangelo e strizza l’occhio alla graphic novel. Un esempio esteticamente elegante di sincretismo artistico, che racconta attraverso le immagini e gli stili tipici dell’espressione artistica mediterranea la tragedia che oggi tormenta le sponde del Mediterraneo. Una tragedia che riguarda l’umanità intera, che lo stesso artista ha vissuto in prima persona: «ho pensato alla mia esperienza come rifugiato. Quando sono nato, mio padre, Ai Qing, è stato denunciato come nemico del partito e del popolo. Siamo stati mandati in un campo di lavoro in una regione remota lontano da casa. È un’esperienza terribile essere considerato straniero nel tuo paese, nemico della tua gente e delle cose che più mio padre amava».
Al centro dell’installazione, tra i fregi, sono trascritte citazioni tratte da poemi, testi e saggi dall’antichità fino ai giorni nostri. Socrate, Sant’Agostino, Kafka, per citarne alcuni, ma la prima in rassegna è tratta da Gilmamesh, il poema epico più antico della storia: «mostra ospitalità agli stranieri. Perché non è solo un modo per provare ad immaginare che cosa abbiano dovuto attraversare, ma un modo per avere la volontà di usare sufficiente coraggio per agire». Odyssey è promossa dal Comune di Palermo e da Amnesty International Italia, di cui in questi giorni si è svolta nel capoluogo siciliano la XXXII Assemblea Generale. La mostra resterà visitabile fino al 20 giugno, da martedì a domenica dalle ore 9.30 alle 18.30. Ingresso gratuito.
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