No al depotenziamento del Cantiere navale di Palermo. La Fiom Cgil si prepara alla barricate dopo l’annuncio da parte di Fincantieri di un periodo di cassa integrazione. Tredici settimane a partire dal 7 novembre per 160 tute blu su 450 dello stabilimento di via dei Cantieri. Una doccia fredda in parte attesa dal momento che al sito del capoluogo siciliano non è stata affidata dall’azienda nessuna commessa in grado di garantire l’occupazione. Unica eccezione nel panorama nazionale perché per tutti gli altri stabilimenti è stato assicurato lavoro per i prossimi dieci anni.
Il vertice dello scorso 8 ottobre al Mise si era concluso con l’ennesimo nulla di fatto. O per meglio dire, Comune, Regione, Autorità portuale e sindacati si erano dati un nuovo appuntamento. Torneranno a riunirsi il prossimo 28 ottobre per definire l’accordo di programma quadro. Sul tappeto resta la realizzazione del bacino di carenaggio da 80mila tonnellate, per il quale l’Assemblea regionale siciliana ha reso disponibili 15 milioni di euro. Un’infrastruttura strategica per dare un futuro allo stabilimento. Almeno nelle intenzioni di Fincantieri, che proprio a quest’opera subordina la possibilità dell’assegnazione di nuove commesse.
Così di fronte all’annuncio del periodo di cassa integrazione oggi al Cantiere navale si sono tenute nei diversi turni di lavoro assemblee-sciopero. Giovedì la questione sarà al centro di un incontro, in programma alle 12 a Confindustria Palermo. «Abbiamo discusso anche dei metodi di controllo che la direzione aziendale sta esercitando sui lavoratori, determinati dall’assenza di dialogo con le organizzazioni sindacali e dall’instaurarsi di un clima totalitario» dice Francesco Foti, Rsu Fiom Cgil Palermo. Controlli, denuncia il sindacalista, che «non hanno nessuna logica rispetto alla prestazione lavorativa e che vengono portati avanti con la minaccia di provvedimenti disciplinari nei confronti degli operai».
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