Canile, arriva la replica degli animalisti al Comune «A Caserta manco i loro cani vengono adottati»

«Menefreghismo». È la parola che ricorre più di frequente nella replica di Veronica Anastasio, delegata di Oipa Palermo, alle spiegazioni fornite su MeridioNews dall’avvocato Francesco Fiorino sui tanti nodi della vicenda canile. Il dirigente responsabile, infatti, ha tentato di sviscerare la questione affrontando ogni passaggio, partendo dal suo insediamento per addentrarsi poi nelle questioni più tecniche legate al trasferimento dei cani da Palermo a Caserta. Che tra i tanti aspetti è, forse, quello che più di tutti non soddisfa le associazioni animaliste, le guardie zoofile e i volontari. Viene contestata aspramente infatti non solo la soluzione scelta per tentare di contrastare il sovrannumero di cani attraverso il loro spostamento in un’altra struttura, ma anche la scelta della nuova destinazione. Una città, quella campana, che in fatto di randagismo e numeri spropositati di cani non sarebbe da meno rispetto a Palermo. È lì che da una settimana si trovano anche i primi cinque animali partiti dall’ex mattatoio. Ma i dubbi, malgrado le risposte fornite dall’avvocato Fiorino, sembrano rimanere intatti: «Non riescono a fare adottare nemmeno i loro cani lì, ci riusciranno con i nostri?», si domanda ad esempio Anastasio.

La struttura di Caserta infatti, la Dog’s Town, conterebbe a suo dire la presenza di circa 750 cani al suo interno, mentre i cinque cani palermitani sono al momento ospiti di un rifugio satellite, il Pet’s boarding house. Strutture in cui il personale non risulterebbe in numero sufficiente, per stessa ammissione di Fiorino, che però rassicurava che trattandosi di una struttura privata (l’unica ad aver partecipato al bando indetto dal Comune di Palermo, ormai divenuto un contratto chiuso) può assumere, a seconda delle necessità, nuovi operatori anche in un solo giorno. «In pratica noi mandiamo il nostro problema fuori, lì dove ce n’è uno analogo al nostro, c’è qualcosa che non torna – ribadisce però Anastasio -. Qual è l’interesse di un Comune come Caserta di prendersi un problema da Palermo, quando il problema loro ce l’hanno già in casa?». Anche se, come già detto, la struttura che si è aggiudicata la gara è privata, e quindi non gestita dall’amministrazione comunale ma da un privato, un ex guardia zoofila, il dottor Ferrara. «Di fatto lui è un imprenditore e in quanto tale il suo interesse dovrebbe essere di tipo economico – sottolinea la donna -. Se lì, come dice lo stesso Ferrara, riescono a far adottare i cani grazie a una catena di adozioni solidali che si muove da tutta Italia, allora pensassero prima a piazzare i loro cani». Anche perché gli animali, trascorsi sei mesi dal loro trasferimenti, potrebbero anche ritornare al mittente in caso di mancata adozione.

Insomma, per i volontari la struttura di Caserta non è convincente sotto molti aspetti. Anche perché uno dei criteri adottati dalla gara in cui è stata l’unica partecipante era quello del massimo ribasso nella scelta del contraente, ritenuto «assolutamente non fondato e inapplicabile a degli esseri viventi quali sono i cani, perché il criterio del minor prezzo non può essere applicato laddove non c’è un valore di mercato deducibile e traducibile». Intanto, un trasferimento è già andato in porto. «Fiorino si vanta tanto di aver pensato al benessere degli animali, ma ne avrebbe fatto viaggiare 17 di misura sicuramente non conforme a quella delle gabbie con cui si è presentato il dottor Ferrara senza pensarci due volte se non ci fossimo stati noi, quindi il benessere del cane non so effettivamente a che posto venga messo», dubita ancora Anastasio. Che fino alla scorsa settimana era, insieme a tanti altri, davanti ai cancelli dell’ex mattatoio per cercare di impedire questo trasferimento. «Già a ottobre Ferrara si era presentato con furgoni non a norma, inutile che si dica il contrario, con gabbie addirittura da saldare. Motivo per cui l’Asp, insieme ai Nas e alle guardie zoofile ha sospeso il viaggio. Quindi – insiste la volontaria – già c’erano tutti i termini per rescindere questo contratto visto che l’aggiudicatario che si impegnava a garantire il benessere degli animali e a venirli a prendere si è presentato con mezzi non idonei». Ma dei motivi della sospensione di quel viaggio non aveva fatto mistero neppure lo stesso Fiorino che, parlando di «gabbie fissate in maniera discutibile e irregolarità nei libretti di circolazione» precisava come «per mia massima correttezza, e non certo per le polemiche degli animalisti, ho preferito annullare tutto, a dimostrazione che prima di tutto guardo al benessere e alla tutela di questi animali».

Ma i volontari rincarano la dose, con alla mano un elenco dettagliato di mancanze emerse dalla visione dei due furgoni, uno dei quali troppo piccolo. «Manca parte della documentazione necessaria, un diario di viaggio, una finestra che dia sull’abitacolo, il tappeto antisdrucciolo che l’ultima volta hanno sostituito in extremis con tappetini da doccia, insomma tutta una serie di cose che non ci inventiamo noi ma che sono previste dalla normativa europea di viaggio. E con 17 gabbie anziché 20, di cui cinque-sei non utilizzabili. Com’è possibile che queste non siano condizioni tali per far capire le intenzioni dell’imprenditore coinvolto e il suo essere impreparato, inadatto, poco attento e menefreghista? – si interroga Anastasio -. Il Comune si dimostra a sua volta menefreghista e lassista nei confronti del controllo del territorio e del trasporto. Dove vanno a finire i suoi cani spostati come pacchi?». Le soluzioni alternative, secondo i volontari, ci sarebbero. Dalle sterilizzazioni di massa al monitoraggio e alle campagne di sensibilizzazione. Cose che si sono accollate le associazioni, «che da anni si sostituiscono alle istituzioni».

Un altro nodo, poi, è quello dei soldi. Questo contratto con Caserta costa al Comune di Palermo 380mila euro. «Perché non spendere piuttosto questi soldi o una parte per migliorare il canile o creare una nuova struttura in modo da farli restare qui. O anche creare un presidio dove curare i cani malati?». Presidio già in fase di realizzazione, in realtà, e che sarà terminato a breve. Mentre, rispetto ai lavori e alle migliorie da fare nell’ex mattatoio, a detta di Fiorino ci sarebbero centomila euro pronti da investire proprio in questo, «ma non si potrà intervenire mai se prima non si svuota un po’ il canile e si esce dalla situazione emergenziale». Motivo per cui il Comune spinge sui tanto contestati trasferimenti. «La storia si ripete. Nel 2016 c’è stato il bando delle adozioni incentivate che prevedeva 480 euro a cane, adesso c’è quest’altro bando che dà via i nostri cani a pagamento, mantenendoli fuori. Siamo reduci da questi due bandi che sicuramente non sono la soluzione al randagismo». Le associazioni puntano molto, tra le altre cose, anche sulle adozioni andate a buon fine grazie al loro impegno, circa 200 quest’anno. Che però, a detta dell’avvocato Fiorino, sarebbero sì un supporto prezioso, ma non sufficiente ad arginare l’emergenza, che infatti permane.

«Le associazioni sono l’unico mezzo per poter effettivamente far adottare questi cani con adozioni consapevoli, non pacchi postali di cui poi non se ne saprà più niente, su questo Fiorino è indifendibile – ribatte ancora la delegata Oipa -. E non si dica che volontari e animalisti abbiano interesse a mantenere i cani in cattive condizioni per qualche tipo di benefits o altro, rimango senza parole di fronte a pensieri del genere». Non ci va morbida neppure Ilenia Rimi di Uada Palermo: «Nella struttura di Caserta dovrebbero finire complessivamente 500 nuovi cani, parliamo di numeri assurdi, enormi e il fatto che già adesso non bastino gli operatori lì, la dice lunga», è la prima cosa che evidenzia. Una struttura che, ricordiamolo, è l’unica che ha partecipato al bando di gara, da qui l’aggiudicazione a mani basse, alla luce anche di una clausola precisa, quella che prevede di consegnare gli animali «a blocchi di minimo 20 cani per volta». Che l’avvocato Fiorino ha definito «una clausola privata fra le due parti e non una norma di legge che lo impone», giustificando così la partenza della scorsa settimana di soli cinque cani. Ma è una clausola che di fatto «ha tagliato fuori altre strutture, magari anche più serie e competenti, che avrebbero potuto partecipare a quella gara ma che non lo hanno fatto perché non in possesso di mezzi dalle dimensioni tali da far entrare quel preciso numero di cani», controbatte adesso Rimi.

«Parlo con cognizione di causa, con carte e dati alla mano» ribadisce più volte. La stessa cosa che aveva però assicurato anche l’avvocato Fiorino, che secondo la volontaria di Uada avrebbe «detto cose non vere. Tant’è che questi documenti non li tira mai fuori, dove sono? Tra quello che si dice e quello che si fa spesso c’è uno abisso». E tira fuori, così come aveva fatto prima di lei il dirigente del canile, la relazione del presidente dell’Ordine dei veterinari partito alla volta di Caserta insieme a Fiorino per il sopralluogo a sorpresa. Durante il quale sono emerse delle criticità «semplici e risolvibili», a detta di Fiorino, di tutt’altra natura per la volontaria. Malgrado spazi e un livello igienico-sanitario sufficiente, nella relazione si torna sul numero inadeguato di operatori in struttura e si parla anche di «lacune evidenziate nella gestione documentale delle cartelle cliniche, che non forniscono adeguate garanzie sulla corretta esecuzione delle procedure sanitarie (visite cliniche, diagnosi, terapie)».

Tanto che «le criticità rilevate suggeriscono che alcuni requisiti necessari all’invio dei cani presso le strutture oggetto di sopralluogo non risultano soddisfatti. Si ritiene, pertanto, nelle more che le non conformità rilevate vengano affrontate con azioni correttive, di preferire la via di adozione indicata nel protocollo di intesa con la Lav, in quanto più coerente con le necessità di garantire il benessere animale in conformità con le norme regionali». Protocollo però interrotto adesso dalla Lav, che si è tirata indietro dopo il primo effettivo trasferimento andato in porto. Un dietrofront non indifferente, che ha innescato anche quello delle altre associazioni animaliste coinvolte. A causa, ad esempio, di «acqua nella pavimentazione che ha causato dermatiti in alcuni cani, assenza di schede cliniche, mezzi non a norma usati per ben due viaggi, quello di ottobre e quello della scorsa settimana, e un terzo iniziale che non è mai nemmeno partito». Tutti dettagli per niente marginali, secondo Rimi, che bastano per avere più di un dubbio per fermare tutto. E che sono stati anche affrontati, o almeno si è provato ad affrontarli, anche durante i tavoli tecnici con l’amministrazione. «Abbiamo sempre presentato delle alternative a costo zero, ma non andavano mai bene – spiega Rimi -. I nostri suggerimenti e le nostre alternative non sono mai state raccolte».

Come quella di impiegare le cifre in ballo per intervenire nella struttura di via Macello, che necessita di migliorie fondamentali e urgenti. «Al canile di Palermo non esiste un luogo di isolamento per i cuccioli, che purtroppo sono portatori di virus come la Parvo, il cimurro – precisa ancora Ilenia Rimi -. Vengono tutti messi insieme e si contagiano fra di loro. Non c’è la possibilità di diagnosticare virus come la Parvo perché il nostro canile non è dotato del test apposito. E neanche i gatti se la passano meglio, sono tenuti in gabbiette arrugginite e al posto di traverse e copertine hanno giornali spezzettati, ed è lo stesso ambiente dove si ritrovano anche dopo aver subito un intervento. Abbiamo detto più volte a Fiorino come usare i centomila euro che tira fuori adesso, ma non è stato fatto nulla». Dal canto suo il dirigente aveva spiegato che finché al canile ci saranno troppi animali, non si potrà intervenire, pur avendo quei soldi. Ma la volontaria è sicura del contrario, «c’è il modo di spostarli e di fare qualcosa, c’è sempre stato».

Silvia Buffa

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