Cane seviziato gettato nel cassonetto Trovato con siringa infilzata nel collo

Prima hanno infierito sul povero animale con una siringa, accanendosi ripetutamente sul collo, e poi lo hanno gettato agonizzante in un cassonetto, come un rifiuto. È accaduto a Palermo dove un passante, insospettito dai guaiti provenienti da un cassonetto in via del Levriere, angolo con via del Bassotto, ha fatto stamane la macabra scoperta. Quando ha scorto l’animale abbandonato tra i sacchetti dell’immondizia, con la siringa ancora infilzata sul collo, ha avvertito immediatamente i carabinieri del nucleo radiomobile. I militari giunti sul posto e verificate le condizioni dell’animale, ancora in vita sebbene malmesso e malnutrito, hanno contattato il personale del canile che ha preso in custodia l’animale. 

«Il cane è microchippato e, secondo le prime informazioni, il proprietario sarebbe un cittadino romeno. Purtroppo sta malissimo, speriamo riesca a salvarsi» racconta a MeridioNews Laura Girgenti, responsabile provinciale dell’Ufficio garante diritti degli animali. I veterinari hanno costatato che è stato più volte vittima di maltrattamenti e sevizie, di cui porta evidenti segni sul corpo.

Ma quello di stamani è solo l’ultimo episodio in ordine di tempo di maltrattamenti di amici a quattro zampe registrato in città. Sabato 3 ottobre, infatti, a Cruillas qualcuno ha avvelenato un branco di quattro randagi. La ciotola, utilizzata per il cibo, è stata trovata dai volontari che si occupavano dei cani piena zeppa di veleno. «Uno di loro, Lucky, 11 anni, è morto, un’altra, Asia, risulta dispersa. Forse l’autore di questo gesto criminale dopo averla trovata morta ha fatto sparire la carcassa». Gli altri due componenti del branco, invece, sono ancora vivi, ma uno di loro è in condizioni disperate. «Si trattava di un gruppo di randagi, assolutamente pacifici, non avevano mai dato fastidio né erano stati protagonisti di episodi violenti. Molti dei cani dei residenti giocavano con loro». Forse, però, qualcuno non gradiva la loro presenza e ha pensato bene di risolvere definitivamente il problema. Adesso sull’episodio sono in corso le indagini per risalire ai responsabili.

E sabato scorso, proprio per sensibilizzare i cittadini, è stato organizzato un vero e proprio corteo funebre con tanto di bara, realizzata in cartone e con la foto del povero Lucky, e i lumini accesi. «C’è stata una grande partecipazione – racconta Girgenti -: famiglie con bambini, giovani e anziani hanno sfilato per le strade del quartiere. Abbiamo ricevuto la solidarietà di moltissime persone da tutta Italia, che mi hanno inondato di messaggi e foto con su scritto “Giustizia per Lucky”. Ho incollato tutte le fotografie su alcuni cartelloni e così al corteo a manifestare insieme a noi c’erano tantissimi italiani».

Resta, comunque, sul fronte del randagismo una «città arretrata», denuncia la responsabile dell’Ufficio garante diritti degli animali. «Molti continuano a ignorare che il cane di quartiere è riconosciuto dalla legge». Una situazione aggravata anche dalla situazione in cui versa il canile di via Tiro a segno. La struttura che da tempo dovrebbe essere oggetto di un lavoro di restauro resta sovraffollata. Al suo interno ci sono ancora circa 180 amici a quattro zampe, in attesa di un trasferimento. Nei mesi scorsi i responsabili del servizio erano finiti nell’occhio del ciclone per via di una convenzione per l’attività di accalappiamento dei cani, mai ratificata, con l’associazione Agada di Trabia.

«Mancava ogni protocollo d’intesa e atto ufficiale, un vero e proprio illecito su cui adesso la magistratura indagherà» dice ancora Girgenti. Ma dopo lo stop alla collaborazione con l’Agada, dietro la quale per le associazioni animaliste si nascondeva «un vero e proprio traffico di animali con adozioni che avvenivano in alcuni casi nel giro di poche ore», anche il bando con cui erano stati individuati i rifugi satelliti è rimasto lettera morta. «L’ennesima beffa del Comune che improvvisamente ha fermato tutto senza dare alcuna spiegazione» denuncia Girgenti. Così i cani restano nel canile, che da diverse settimane è chiuso. «Vengono rifiutati i nuovi ingressi con un’evidente interruzione di pubblico servizio – conclude Girgenti -. La causa? Un caso di leptospirosi, per il quale la procedura prevede la quarantena, dei prelievi ai vari ospiti e poi tutte le procedure per la disinfezione, che ancora il Comune non completa». 

Rossana Lo Castro

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