Sono accusati di avere sequestrato, violentato e costretto a prostituirsi per cinque giorni dentro un casolare di campagna una 20enne studentessa universitaria. In cinque sono stati rinviati a giudizio dal gup di Caltanissetta Francesco Lauricella, si tratta di Cross Agbai, 35 anni, Majesty Wibo, 32 anni, Amaize Ojeomkhhi, 28 anni, Lucky Okosodo, 24 anni e Lawrence Ko Oboh, 41 anni. Tutti di nazionalità nigeriana. Il processo inizierà il 13 febbraio davanti alla Corte d’assise di Caltanissetta. Dovranno rispondere di sequestro di persona, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione.
I fatti risalgono alla fine dello scorso novembre. Nel pomeriggio di venerdì 27 la ragazza italiana si presenta dai carabinieri di San Cataldo, vestita in abiti maschili e accompagnata dai genitori, raccontando di essere stata sequestrata e violentata per cinque giorni a partire dalla serata di domenica 22 novembre. Quella sera la studentessa era stata accompagnata dalla madre a Caltanissetta per poi recarsi con alcuni amici a una festa in un casolare nelle campagne nissene, dove avrebbe bevuto alcolici fino a perdere i sensi e si sarebbe svegliata l’indomani mattina senza i propri vestiti, in un letto di una casa fatiscente occupata dai nigeriani.
Per cinque giorni, racconta la ventenne, sarebbe stata drogata, violentata e costretta a prostituirsi con altri connazionali dietro il pagamento di denaro che sarebbe stato incassato dai cinque oggi rinviati a giudizio. Dentro il casolare sarebbe stata anche rasata. Solo venerdì 27 la ragazza sarebbe riuscita a fuggire e, dopo essersi messa in contatto coi suoi genitori, denunciare tutto ai carabinieri, portandoli anche nel casolare dove si trovavano ancora i suoi aguzzini, subito bloccati.
A riscontro del racconto della giovane, i carabinieri hanno trovato nel casolare i suoi effetti personali, droga e due coltelli a serramanico. Ricoverata all’ospedale di Caltanissetta, dalle analisi del sangue sono emersi valori compatibili con l’abuso di sostanze stupefacenti. Durante i giorni del sequestro i genitori avrebbero cercato ripetutamente di contattare la ragazza, ma non si sarebbero rivolti ai carabinieri perché l’assenza della figlia non destava preoccupazione, dato che la giovane era solita non rincasare per dormire a casa di amici.
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