I titoli di coda sono sempre più vicini. Il film è quello della chiusura del call center Qè di Paternò. In questo caso però non c’è finzione ma si tratta di una realtà vera e drammatica che fa rima con 575 posti di lavoro che sarebbero in serio pericolo. I lavoratori, dopo il tavolo tecnico che si è tenuto in prefettura conclusosi con un nulla di fatto, sono sconsolati. «È finito tutto, ci hanno buttato in mezzo alla strada e lasciati in preda alla disperazione». Nelle stanze di palazzo Minoriti si sono incontrati i sindacati di categoria, Slc Cgil e Fistel Cisl, il sindaco di Paternò Mauro Mangano, il senatore di Area popolare Salvo Torrisi, Mauro De Angelis amministratore delegato di Qè , Franz Di Bella, titolare del capannone dove si trova l’azienda e Gianfranco Manzone della Dm Conctat. Quest’ultimo è l’imprenditore milanese che avrebbe mostrato un particolare interesse a rilevare soltanto due commesse: quelle di Enel e Wind.
Un tavolo tecnico che ha registrato il definitivo defilarsi dalla scena di alcune aziende che inizialmente avevano mostrato qualche interesse per il call center di Paternò . Giorno dopo giorno la situazione dell’azienda è sempre più difficile. I lavoratori sono da tre mesi senza stipendio, ci sarebbero debiti che, secondo alcune indiscrezioni non confermare ufficialmente, si aggirerebbero intorno agli otto milioni di euro. Subito dopo la conclusione della riunione l’attenzione si è spostata al call center dove i sindacati hanno indetto un’assemblea in cui è stato comunicato al lavoratori l’esito negativo del tavolo tecnico: «Abbiamo deciso di proclamare uno sciopero ad oltranza fino al fallimento dell’azienda – spiega a MeridioNews Antonio D’Amico della Fistel Cisl -. Adesso avvieremo l’iter per coinvolgere il ministero dello Sviluppo economico, poiché due delle commesse trattate hanno la partecipazione statale (Enel e Inps, ndr). Un intervento che potrebbe salvare un centinaio di posti di lavoro. Intanto però faremo ricorso ai decreti ingiuntivi per recuperare qualcosa. Mi dispiace solo che gli imprenditori locali non si siano fatti avanti».
Amareggiato il primo cittadino paternese Mangano: «Fin dall’inizio della vicenda, quando si è parlato di rilevare l’azienda, abbiamo sempre detto che il call-center doveva restare sul territorio paternese e che nessun posto di lavoro doveva perdersi. Tuttavia ci sono stati ulteriori sviluppi. Il Qè è una azienda privata e non so quale strada la proprietà intende perseguire: se quella del fallimento o quella della cessione di parte delle commesse. Posso solo lanciare un appello agli imprenditori che vogliono investire sul territorio in questa forma di servizi: qui troveranno professionisti di alto livello».
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