Il
timore è che per rinascere sia inevitabile scomparire. Se n’è discusso ieri tra i tifosi del Calcio Catania, chiamati in piazza Dante dalla curva Nord. Dopo lo scandalo combine, la retrocessione in Lega Pro, l’inchiesta su Wind Jet, è il fallimento – che impone la perdita della matricola sportiva, ma permette l’azzeramento dei debiti – la sola strada ritenuta in grado di rendere il club appetibile a nuovi compratori. Realizzando così, più nello specifico, il desiderio scritto da alcuni sostenitori in uno striscione, appeso in piazza prima della riunione: «Pulvirenti vattene». Sono circa
250 e nessuno sorride. Nessuno parla della prossima partita, né di quella giocata la settimana scorsa. I tifosi che si sono incontrati di fronte al quartier generale della curva Nord sono preoccupati «che il Catania faccia la stessa fine del Parma». La società emiliana, lo scorso anno, è entrata in piena crisi economica nel bel mezzo del campionato. E dopo il fallimento di tutti i tentativi di salvataggio attraverso la vendita – tra cui uno finito con l’intervento della guardia di finanza – è stata rilevata all’asta da una nuova proprietà. Che ha preferito ripartire dai dilettanti piuttosto che ripianare i debiti e garantirsi il campionato di serie B, frutto della retrocessione sul campo.
«Hanno licenziato guardiani e cuochi. Manca il massaggiatore, che viene ingaggiato solo per la partita.
I calciatori sono abbandonati a loro stessi»: è il quadro della situazione attraversata dal club fatto a chi, sui gradoni della chiesa di San Nicolò l’Arena, ascolta i leader del tifo organizzato. Gli stessi che, ritenuta persa la battaglia con cui intendevano boicottare la campagna abbonamenti, propongono: «Tutti in curva. A difesa di una storia e di una città». Come recita il volantino distribuito ai presenti con l’invito a fotocopiarlo e diffonderlo. Un modo «per stare accanto al Catania in quelle che potrebbero essere le ultime partite» ma pure una vetrina «che mostri il potenziale» a possibili compratori.
Dagli esponenti della curva Nord arriva un invito a non abbandonare lo stadio, nonostante i rossazzurri per il terzo campionato consecutivo lottino per non retrocedere. Ma pure un messaggio alla squadra: «Deve essere brava a distaccarsi dalla situazione che le sta attorno». I giocatori nelle ultime partite casalinghe sono stati contestati, per impegno e rendimento giudicati scarsi: «È umano che l’agonismo venga meno quando manca la prospettiva futura», è la precisazione fatta ieri sera. Per sabato pomeriggio, prima della gara col Lecce, è in fase di ideazione un corteo verso il Massimino. Nel quale sarà ribadita, invece, la chiusura a qualsiasi ipotesi che preveda la permanenza dell’attuale proprietà.
«Pulvirenti non ha più nulla da dare né da prendere», è una delle frasi dette nel corso della riunione. La colpa più grave che i tifosi affibbiato al proprietario, e non perdonano, è l’averli portati a temere il peggio. Per loro 11700 non è una cifra qualsiasi ma «l’unica nostra ragione di vita», scrivono in un altro striscione. Si tratta del numero di matricola del club, che in caso di fallimento (almeno per un anno, nell’ipotesi che si ricorra al Lodo Petrucci) andrebbe perduto: è la bandiera issata nel 1946, l’anno di fondazione. Sventolata durante lo scisma atletista, difesa dagli attacchi del Palazzo. E che ora si teme venga portata via da un vento nuovo, che però – pensano i tifosi – sarebbe l’unica soluzione per spazzare via le nubi e tornare a guardare al futuro.
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