I cacciatori da una parte e gli animalisti dall’altra. In mezzo la legge con la terza sezione del Tar di Palermo che ha sospeso l’anticipazione della stagione venatoria e ordinato lo stop al prelievo di tortora e coniglio selvatico. «Nella contrapposizione tra i contrapposti interessi -si legge nell’ordinanza dei giudici del tribunale amministrativo regionale – appare meritevole di maggior tutela quello perseguito dalle associazioni ricorrenti [interesse generale di tutela della fauna selvatica] rispetto a quello ludico-sportivo perseguito dalle associazioni controinteressate resistenti». Un risultato accolto con soddisfazione degli attivisti che avevano presentato il ricorso: «È la prima volta – sottolinea a MeridioNews il presidente del Wwf Sicilia Ennio Bonfanti – che un tribunale applica in modo diretto il nuovo comma articolo 9 della Costituzione». Quello aggiunto di recente che «tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato – si legge ancora nella modifica – disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».
A fine maggio era stato pubblicato il calendario della stagione venatoria 2022-2023 che fissava la preapertura (per alcune specie di uccelli e mammiferi) a giovedì 1 settembre. «Lo abbiamo prodotto in anticipo – aveva evidenziato l’assessore all’Agricoltura Toni Scilla – per consentire ai cacciatori di preparare in serenità la nuova stagione, nel rispetto di tutte le norme a tutela dei nostri territori. Un’intelligente cooperazione tra il mondo venatorio e quello ambientalista – aveva auspicato Scilla – può generare un modello positivo per la protezione del nostro patrimonio faunistico e ambientale». Qualche giorno dopo, però, sei associazioni – Enpa, Lac, Legambiente Sicilia, Lndc Animal Protection, Lipu e Wwf Italia – avevano presentato un ricorso impugnando il calendario della Regione. Ieri è arrivata la decisione dei giudici siciliani che ha accolto la richiesta di misure cautelari delle associazioni. «Per noi è un risultato importantissimo – spiega Bonfanti – perché, pur trattandosi di un provvedimento cautelare, il Tar ha motivato la decisione fissando punti saldi destinati a rafforzare i principi di tutela della fauna selvatica». Così, la caccia in Sicilia potrà aprire non prima della terza domenica di settembre (giorno 18) come previsto dalla legge nazionale sulla fauna, senza
nessuna deroga o anticipazione. E per l’intera stagione venatoria non sarà consentita la caccia di tortora e coniglio. «Perché – spiegano dalle associazioni – la Regione non ha rispettato le prescrizioni stabilite per limitare il prelievo venatorio di queste due
specie». Nel ricorso, gli attivisti avevano denunciato
l’illegittimità del calendario venatorio per «violazione delle normative nazionali e
comunitarie sulla tutela della fauna» e «per il mancato rispetto del parere scientifico
dell’Istituto superiore protezione e ricerca ambientale (Ispra)». E proprio a partire da quest’ultimo punto, il Tar di Palermo ha dato ragione alle sei organizzazioni. Il parere dell’Ispra, infatti, «pur non essendo vincolate per l’amministrazione – si legge nell’ordinanza – onera
quest’ultima, laddove ritenga di discostarsene, a un aggravio motivazionale in
specie non sempre riscontrabile e/o sufficiente a superare i rilievi dell’Ispra». La
Regione, invece, aveva utilizzato altri documenti per contrastare le valutazioni di Ispra e allargare i periodi e le specie
cacciabili. Per i giudici siciliani, però, è proprio l’istituto «l’unico soggetto dotato di competenze scientifiche» per questo tipo di valutazioni.
Una particolare attenzione è stata posta per alcune specie, in primis la tortora e il coniglio. Animali selvatici per cui il Tar ha vietato la caccia per tutta la durata della stagione. Per l’uccello – che è anche una specie a rischio per cui la Commissione europea ha chiesto il prelievo zero – il motivo sta nel fatto che non c’è «una concreta modalità di accertamento della quota degli abbattimenti»; per il mammifero, invece, lo stop è arrivato perché nel calendario non ci sono «le prescrizioni e le limitazioni necessarie per il prelievo
sostenibile con particolare riferimento anche al divieto di uso di pallini di piombo». Una delle richieste elencate nel parere dell’Ispra. «Questa ordinanza – sottolineano dalle associazioni – scongiura il rischio di gravi danni e conseguenze nefaste
per la fauna selvatica, soprattutto per le specie migratorie per le quali la Sicilia
rappresenta un’importante area di svernamento o di passo tra l’Europa e l’Africa.
Dopo la siccità, il caldo e gli incendi – aggiungono gli ambientalisti e gli animalisti – la caccia finisce per danneggiare gravemente gli
animali già in difficoltà nel reperire il cibo, in particolare dove gli incendi hanno
parzialmente o interamente distrutto boschi e macchia mediterranea». Il Tar ha già fissato per il 23 novembre la data dell’udienza per la
trattazione del merito del ricorso delle associazioni.
Intanto, in direzione opposta, sembra andare l’interrogazione parlamentare annunciata dal deputato regionale Giuseppe Laccoto che propone «l’ampliamento del periodo di caccia ai suini selvatici» per ridurne il numero nei comuni della fascia nebroidea: da Patti a Gioisa Marea, da Piraino a Sant’Angelo di Brolo, da Sinagra a Ucria, da Raccuia a Floresta e Ficarra. «Siamo di fronte a un problema gravissimo che può diventare irrisolvibile – sottolinea l’onorevole che è anche sindaco di Brolo, nel Messinese – L’aumento spropositato di suini selvatici in questi territorio, anche a ridosso dei centri abitati, impone scelte urgenti a tutela della popolazione, degli allevamenti e delle coltivazioni. Basti pensare – aggiunge – alla devastazione dei terreni che sta compromettendo diversi raccolti con danni economici ingenti, alla questione sanitaria e alla sicurezza dei cittadini minacciata sempre più dalla presenza crescente di questi animali che può provocare incidenti stradali anche gravi». Come era stato per i daini nelle Madonie, per cui poi si era arrivati all’approvazione di un piano di contenimento, per Laccoto è «necessario e urgente predisporre un piano di abbattimento sia per tutelare le aziende agricole che per evitare diffusione della peste suina». A livello nazionale, crisi di governo permettendo, dovrebbe arrivare un decreto legge per l’ampliamento del periodo di caccia del cinghiale a tutta la stagione. Al momento, è di due mesi: ottobre e novembre oppure novembre e dicembre. «Probabilmente l’onorevole vuole allargare in generale ai suini – commenta Bonfanti in attesa di leggere il testo dell’interrogazione che non è ancora stato pubblicato – In questi anni, in quelle zone ci sono state ordinanza sindacali che hanno liberalizzato gli abbattimenti ma i risultati non ci sono stati. Il rischio – conclude il presidente di Wwf Sicilia – è che si resti intrappolati in un meccanismo: più animali ci sono, più si apre la caccia. E, allora, chi avrà davvero interesse a fare diminuire il numero? Con il pericolo che a pagare le conseguenze sia sempre più la fauna selvatica».
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