Chiesti tre milioni e mezzo di euro di risarcimento per illecito amministrativo al Comune di Acireale. Il ricorso è stato presentato ad agosto dalla Wake Surf Center al tribunale amministrativo. Al centro della questione c’è il Cable Park, per quello che sarebbe l’ultimo capitolo di una storia che comincia nel 2016. Il parco acquatico doveva nascere in via San Girolamo, nella frazione acese di Aci Platani.
A richiedere il risarcimento è anche Gianfranco Caudullo, l’ingegnere che ha diretto il progetto finanziato dal Coni. Ad assisterlo, insieme all’azienda privata, c’è lo studio legale Scuderi-Motta. Dalla parte dei ricorrenti c’è pure l’archiviazione di un’inchiesta per abuso edilizio nel cantiere, che vedeva indagati sia l’impresa che l’ingegnere Caudullo. A pronunciarsi è stato il giudice per le indagini preliminari, accogliendo la tesi della procura che voleva chiudere il caso.
In riferimento al Comune di Acireale, la procura indicava una condotta caratterizzata da «lentezza e dalla approssimazione. La società – si legge nel documento – ha presentato i nulla osta necessari e ha partecipato alle conferenze dei servizi dirette alla variazione urbanistica». La procura sosteneva anche che «nessuna contestazione può essere mossa agli indagati». Wake Surf Center e Caudullo avrebbero quindi agito nel rispetto delle norme.
I lavori di realizzazione dell’opera vennero fermati a luglio 2017, in seguito a un provvedimento dei vigili urbani in cui si sosteneva che il terreno su cui doveva sorgere il Cable Park aveva bisogno delle autorizzazioni per essere convertito da area agricola a «destinazione urbanistica con verde pubblico e aree attrezzate». Al centro del dibattito, finito anche in Consiglio comunale, finirono anche anche i lavori necessari per la realizzazione di strutture in legno e il bacino d’acqua in cui praticare lo sci nautico. Da quel momento si è aperta una contesa tra la società e il Comune. La vicenda così è andata avanti su due binari: da un lato il procedimento penale per abuso edilizio – adesso archiviato – e, dall’altro, quello amministrativo. Con il Tar che, contrariamente alla posizione della procura, ha deciso di considerare abusive le opere.
Altri dubbi sulla già complicata vicenda sono emersi durante le conferenze dei servizi che si sono svolte a febbraio e lo scorso maggio. Il Cable Park sarebbe infatti incompatibile col territorio perché in parte ricade sull’area del torrente Lavinaio-Platani. Caudullo, che è stato direttore dei lavori, rivendica con forza la richiesta di risarcimento. «Il terreno su cui doveva sorgere è devastato – sottolinea a MeridioNews-. In questi anni abbiamo perso risorse, capitali e io, a 60 anni, mi sono ritrovato indagato e a dimostrare che i nostri lavori sono stati fatti a norma. Adesso c’è l’archiviazione che rimette in piedi tutto, dimostrando che avevamo ragione». Caudullo e i vertici della società adesso aspettano i prossimi aggiornamenti sulla vicenda.
Caudullo si esprime anche sulla questione dei terreni e la presunta incompatibilità dell’opera con il torrente: «Nella conferenza di servizi ci hanno detto che il progetto andava bocciato per problemi al piano paesaggistico – spiega -. Ma il problema successivamento è stato chiarito col decreto del presidente della Regione Nello Musumeci del 12 giugno, che sottolinea come il parere favorevole del Genio civile, che noi possediamo dal 2016, escluda problemi di qualsiasi natura».
Cautela da parte del sindaco Stefano Alì, che si dice ancora favorevole al Cable Park «ma nel rispetto delle regole». Il primo cittadino passa la palla agli uffici. «Alla luce di tutti passaggi che sono avvenuti, Insieme all’assessore all’Urbanistica abbiamo mandato una nota con cui abbiamo invitato il capo dell’area tecnica a verificare e ponderare i vari passaggi – conclude – Così da vedere se ci sono spazi per poter intervenire».
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