I magistrati e i vertici della guardia di finanza di Catania ne sono certi. Quello messo in atto dai medici catanesi e dagli imprenditori specializzati in gestione della dialisi arrestati questa mattina, durante l’operazione Bloody money, sarebbe un vero e proprio sistema. Un circolo vizioso che dalla sanità pubblica, usata come «finestra d’ingresso» – come la definisce il comandante Roberto Manna -, portava moltissimi pazienti a essere dirottati verso i due colossi privati del settore, la Diaverum Italia srl e Le ciminiere srl. Collegate nei tre principali ospedali etnei grazie a tre professionisti: Giorgio Leone del Garibaldi, Elvia Sicurezza del Vittorio Emanuele, dirigenti medici nei rispettivi reparti di Nefrologia e dialisi finiti ai domiciliari, e un terzo medico del Cannizzaro che è stato sospeso dal servizio.
La Regione paga 40mila euro per ogni paziente
Un business «articolato, ben consolidato e con ramificazioni che, in alcuni casi, hanno travalicato la provincia di Catania per estendersi ai territori limitrofi», spiega Tiziana Laudani, magistrata del pool che persegue i reati contro la pubblica amministrazione. Con un volume d’affari da capogiro se, come spiega il procuratore Michelangelo Patanè, si considera che «il sistema sanitario regionale versa ai privati circa 40mila euro annui per ogni paziente in cura». Cifre giustificate dalla delicatezza della terapia e dai costi dei materiali utilizzati che, per ogni somministrazione, raggiungono anche i 300 euro.
Per spiegare nel dettaglio il fitto intreccio tra aziende e ospedali, gli uomini delle fiamme gialle parlano di un rapporto medico-paziente in cui i primi
esercitavano forti pressioni, anche psicologiche, nei confronti di quelli che essi stessi, mentre erano intercettati, definivano come «merce, regali da scambiarsi». Una «cessione» quella effettuata dai medici, a cui corrispondevano bonus e regalie che sarebbero state garantite dalle grandi realtà private. «Il personale corrotto della sanità pubblica, infermieri e medici – spiega la Finanza – in aperto conflitto di interessi e pienamente consapevole di compiere atti contrari al proprio ufficio, veniva compensato dagli imprenditori corruttori con assunzioni clientelari dei propri familiari nonché stipendi, consulenze e bonus contrattuali gonfiati e attribuiti a prestanome o parenti».
Un potere enorme garantito da una posizione di
Diaverum e Le ciminiere di «sostanziale monopolio nel settore della dialisi», afferma il procuratore capo Carmelo Zuccaro. La prima, inserita in un gruppo internazionale operativo in 20 nazioni, gestisce circa 29mila pazienti in tutto il mondo e ha un volume d’affari di 580 milioni di euro. Il suo amministratore delegato è Gianpaolo Barone Lumaga e il suo procuratore speciale per la Sicilia è Gianfranco Messina, all’anagrafe Francesco Messina Denaro, legato da un lontano legame di parentela con il boss latitante Matteo Messina Denaro. Le ciminiere è invece gestita di fatto da Salvatore Guarino, marito di Elvia Sicurezza. Con la quale è stato intercettato a festeggiare per l’arrivo di nuovi pazienti direttamente dal reparto in cui operava la moglie.
I pazienti venivano trattati come regali
Per far capire meglio la gravità dei reati accertati, il procuratore capo sottolinea inoltre il linguaggio particolarmente
preoccupante con il quale medici e amministratori d’impresa parlavano dei pazienti. Intercettato con Leone, Guarino si riferisce a una signora in cura definendola «u regalo». «Si va beh ma tu ma rittu ca mi facevi regalu», afferma l’imprenditore. «Il regalo pronto è, ce l’avevamo ancora che non si è alzata», risponde Leone. Che aggiunge «tu però qualche pensierino fammelo». Sul settore della dialisi in Sicilia, oltre ai magistrati di Catania, stanno lavorando anche i colleghi della procura della Repubblica di Palermo, dopo alcune segnalazioni dell’assessorato regionale alla Sanità.
«Altarello di Riposto, un disastro. Vedere piangere i miei genitori perché tutto ciò che si…
Fede, devozione, tradizione, luce e speranza. Belpasso si prepara a riabbracciare la sua Santa Patrona…
Si è concluso con una condanna a sette mesi di reclusione (pena sospesa) il processo…
Parere positivo con integrazioni, nella serata di ieri, sul progetto per la costruzione del ponte sullo…
«Abbiamo deciso di non presentare ricorso in appello contro la sentenza che ha disposto l'assoluzione…
Sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giovanni La Rosa a fornire i dettagli…