Ci sono una catanese, uno di Mascalucia, uno di Acireale e uno di Battiati. Sembra l’inizio di una barzelletta, in realtà è la descrizione geograficamente corretta di chi stava sul palco, sabato sera, a Taormina.
Carmen Consoli, si sa, durante i concerti che fa nella sua terra dà il meglio di sé, con energia e spontaneità, come solo un’acclamata Cantantessa saprebbe fare. Infatti è l’unica a potersi fregiare di questo titolo.
Introdotta da un’apprezzatissima Gabriella Grasso, giovane promessa del cantautorato catanese, e dalle brevi ma intense performance dell’attrice Mariella Lo Giudice (cognomi tipicamente milanesi, è evidente), la Consoli si è presentata in scena in abito nero, richiamata dagli auguri di compleanno cantati dal pubblico che riempiva quasi del tutto lo scalinate e la platea del Teatro Greco.
Lo spettacolo è cominciato con “Col nome giusto”, brano dell’album “Elettra”, subito seguito da un grande classico, “Fiori d’arancio”. Ed è stata questa la caratteristica dell’intero show: l’alternanza tra pezzi vecchi e nuove glorie.
La melodia di “Mio zio”, storia di abusi sessuali denunciati ma non creduti, è stata affiancata da “Perturbazione atlantica”, piccolo gioiello che racconta di rose che non sbocciano e primavere che tardano ad arrivare.
Ma anche la politica, di straforo ma non troppo, riesce a diventare parte del concerto. «A noi italiani piacciono i termini difficili, quello nuovi che servono a non chiamare le cose col loro nome. Al telegiornale le chiamano “escort”, ma io sono catanese, e una donna di facili costumi la chiamo “bottana”. Proprio con la “b” e la “o”», ride l’artista. Ma ci sono paesi ben più tradizionalisti del nostro, come il Giappone. Lì una così la chiamano “Geisha”, che è pure il titolo di uno dei brani in scaletta.
“Il pendio dell’abbandono”, “Mandaci una cartolina” e “Pioggia d’aprile” preparano poi ad uno dei momenti più emozionanti della serata, quell'”Autunno dolciastro” quasi sussurrato, che racconta di amori e nostalgie, di «quasi credevo che non mi mancassi eppure stavo solo aspettando».
Da “Eco di sirene” a “L’ultimo bacio” è un climax ascendente che passa attraverso due cavalli di battaglia della cantautrice nostrana, “Contessa miseria” e “Parole di burro”.
L’irruzione di Alfio Antico e delle sue celeberrime percussioni è un momento divertente e musicalmente eccellente, che culmina in una “‘A finestra” a due voci che il pubblico ha mostrato di gradire con applausi scroscianti.
Applausi che sono diventati letteralmente una standing ovation quando, uscito di scena Alfio Antico, senza preavviso c’è entrato Franco Battiato, con il quale Carmen Consoli ha cantato, il più del tempo abbracciata a lui, la splendida “Te lo leggo negli occhi”. Il secondo e ultimo duetto è stato certamente il culmine di un concerto che non ha scontentato i fan più accaniti, complice anche lo scenario suggestivo del teatro taorminese.
“Venere” ha chiuso la seconda ora di esibizione, che si è protratta per qualche minuto ancora. Il tempo di suonare, in versione acustica, accompagnata solo dalla sua chitarra e da quella di Massimo Roccaforte, “Quello che sento” e l’attesissima “Amore di plastica”.
Prima che andasse via, ancora una volta, gli spettatori hanno dedicato alla Cantantessa uno spontaneo “Tanti auguri a te”. L’età di una donna non si dovrebbe svelare, ma Wikipedia non conosce il Galateo. Carmen Consoli ha compiuto il quattro settembre trentasei anni: la sua voce e la sua presenza scenica li portano benissimo.
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