Buffa presenta Black Jesus Gli sconfitti del basket americano

Black Jesus è un ex giocatore afroamericano, campione indimenticabile dell’Nba, un mito per i suoi movimenti e la sua classe e bandiera dei Knicks. Il suo vero nome è Earl Monroe e a lui è dedicata una raccolta di storie vere del basket statunitense, un non-libro (come lo definisce l’autore) scritto dal giornalista Federico Buffa, telecronista di Sky e giramondo, che ha passato tanti anni negli Usa e ha raccolto le esperienze di vari cestisti, più o meno famosi, più o meno fortunati.

«Mi attraggono le storie di chi al bivio prende sempre la strada sbagliata» ha confidato venerdì scorso a una platea di una settantina di persone, giunte alla biblioteca comunale di Tremestieri Etneo per assistere alla presentazione dell’ennesima ristampa dell’antologia di Buffa. Accompagnato da Mauro Bevacqua (direttore della rivista ufficiale Nba) e Alessandro Pisa (titolare del negozio Dream Team e organizzatore dell’evento), il giornalista ha fatto un’ampia introduzione sul perché di questa ristampa: «Ho visitato la Birmania, un luogo meraviglioso popolato da gente molto spirituale ma sfortunata. Lì ho conosciuto una donna che mi ha fatto incontrare un gruppo di universitari provenienti da villaggi poverissimi. Hanno voti alti, ma hanno bisogno di soldi per studiare. I ricavi della vendita del libro andranno a questi ragazzi e il mio obiettivo è dare una borsa di studio a ognuno di loro».

Buffa inizia così a raccontare alcune delle storie contenute nel suo libro, con uno stile oratorio appassionante, tenendo alta l’attenzione di tutti con tanti dettagli sul basket d’oltreoceano. «Ricordo Ronnie Fields, un potenziale campione che sbagliò tutte le scelte e finì nei campi minori della Cba, una lega scomparsa che aveva un livello alto ma regole che permettevano anche lo scambio di giocatori durante una partita». Sollecitato dal pubblico, parla anche dell’attualità, come della serrata (lockout) che ha fermato la Nba quest’anno: «Ci sono tante questioni, dai proprietari ai giocatori all’indotto. Si giocherà per forza, già da fine dicembre».

Senza peli sulla lingua si concede una digressione anche nel basket in Cina, dove quest’anno giocano alcuni campioni rimasti fermi per il lockout della Nba: «Si gioca senza contatto, ma i cinesi sono inarrivabili, hanno un’altra mentalità che si rispecchia in Yao Ming, un campione che però non è mai stato dominante, malgrado la sua intelligenza. La sua era una pallacanestro celestiale senza scuola». Non è solo il gigante orientale a ricevere elogi: «Iverson era un talento rinascimentale, era il più amato. Nash è un genio, è scientifico. Rose non lascia perdere la sua squadra, sa di essere forte e fa succedere ciò che dice di fare». E Kobe Bryant? «Della trattativa con Bologna non parlo, ma vi dico che nel 2004 gli equilibri con Shaquille O’Neal saltarono perché quest’ultimo s’era presentato nel precampionato ingrassato e i due avevano litigato». Bevacqua interviene: «A Bryant non piace chi non lavora quanto lui in palestra».

L’incontro, concluso con la firma dei libri e molti sorrisi, potrebbe anche ripetersi in futuro a Palermo e darà la possibilità di ascoltare ancora una personalità che ha portato una ventata d’aria internazionale, quella della pallacanestro più spettacolare del mondo.

[Foto di Asmou]

Roberto Quartarone

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