Brunetto e Cintorino, il summit per dividersi l’Isola Bella «Nelle imbarcazioni ci sono i soldi, 65mila euro al mese»

«Nelle imbarcazioni ci sono i soldi. Nel posteggio paghi due euro, nelle imbarcazioni è dieci euro a persona, ogni imbarcazione si porta venti, 25 persone alla volta. Ci sta un’ora, torna, e si porta altre 25 persone. Calcola che escono dieci volte al giorno, sono 2.500 euro al giorno, 65mila euro al mese». Il business delle escursioni in barca all’Isola Bella, gioiello nel mare di Taormina, sintetizzato in poche righe. A parlare non è un commercialista, ma Gaetano Di Bella, arrestato ieri nell’operazione della Guardia di Finanza, braccio destro di Mario Pace, il capo assoluto del clan Cintorino-Cappello tra Calatabiano e Giardini Naxos. Un leader all’ergastolo per omicidi e associazione mafiosa che sta scontando nel carcere di Padova, eppure capace, grazie ai permessi premio e alle visite dei parenti più stretti, di mantenere un controllo totale sulla fascia ionica a cavallo tra le province di Catania e Messina. 

Lì dove i soldi si fanno soprattutto a Taormina. «Tu lo sai che giro c’è là sotto? – chiede Di Bella a un suo sodale – Taormina, Giardini, Letojanni, il giro c’è ed è grande. Tutto sta a non fare bordello, hai capito?». Gli affari prima di tutto, da anteporre anche alla storica rivalità con il clan rivale dei Brunetto, sotto l’orbita dei Santapaola. Ci sono anche loro, infatti, a controllare le spiagge dell’Isola Bella, attraverso Salvatore Leonardi, detto Turi do Mitogio, pure lui finito ieri in carcere. Una presenza non nuova, tutt’altro stando alle indagini della Finanza. «È da vent’anni che lavoriamo sotto quella famiglia – dice Leonardi a uno degli imprenditori sotto estorsione – qua c’è la famiglia Brunetto! E parlo io per la famiglia Brunetto». 

Tuttavia l’egemonia del clan santapaoliano negli ultimi anni sarebbe stata ormai stata spezzata dai Cintorino-Cappello. Al punto che tra 2016 e 2017 i due clan stringono a tutti gli effetti un patto, che viene formalizzato nel giugno del 2017 in una riunione nella spiaggia di San Marco a Calatabiano, roccaforte dei Cintorino. In rappresentanza di questi ultimi partecipano Di Bella e Sebastiano Trovato, reggente del clan; come portavoce dei Brunetto c’è l’onnipresente Leonardi. Ma ad ascoltarli ci sono anche le Fiamme gialle. «Per girare (per far funzionare le cose ndr) – spiega Di Bella – bisogna fare che si prendono tutti quanti insieme». Spartizione equa sia degli incassi che dei costi. «Le spese le paghiamo tutti pari insieme – continua – poi l’incasso, quanto sono, mille euro? Si dividono in tre». E cioè un terzo ai Cintorino, un terzo ai Brunetto, un terzo agli imprenditori taglieggiati.

Così le attività di noleggio imbarcazioni sulla spiaggia dell’Isola Bella finiscono lottizate: «Sul lato sinistro – annotano gli investigatori – (cosiddetto Pizzichelia, dal nome dell’omonimo ristorante e lido balneare) operano l’impresa di Cacopardo Francesco, controllata da Leonardi, e l’impresa di Cacopardo Maurizio, controllata da Di Bella, Pace e Trovato. Sul lato destro – si continua a leggere nell’ordinanza – operano l’impresa di Salvatore Ruggeri (figlio del pluripregiudicato e sorvegliato speciale Giuseppe Ruggeri), controllata da Leonardi, e l’impresa di Cacopardo Andrea (fratello di Mairizio), controllata dai rappresentanti del clan Cintorino».  Gli imprenditori risultano vittime e non sono indagati. 

Il punto d’incontro è l’ombrellone collocato proprio ai piedi della scalinata, mentre la scatola dell’Enel lì accanto è il luogo scelto per spartirsi gli incassi. Persino le sanzioni elevate dalla Finanza per irregolarità alle imbarcazioni vengono divise. In particolare è Di Bella a chiedere «una fotocopia del verbale», in modo da dimostrare al suo superiore, quel Mario Pace all’ergastolo, il motivo del calo degli incassi. «Perché poi mi dice, a minchia dove sono i soldi? – dice Di Bella, intercettato – perché poi devo pensare anche a loro. Io gli faccio vedere il verbale, in modo che noi siamo in regola su tutto».

Il nuovo patto crea qualche malumore tra gli imprenditori sotto estorsione che, però, alla fine cedono davanti alle ripetute minacce, più o meno esplicite, di «affondare le imbarcazioni» se gli accordi non fossero stati rispettati. E la cappa estorsiva diventa quasi un premio da preservare nel tempo. «Se io non ci sono perché mi arrestano – dice Leonardi agli imprenditori Cacopardo – io debbo mettervi in una campana, vi dirò quello che dobbiamo fare ma per sempre, per tutta la vita. Anche se poi io sarò morto, voi non dovrete avere problemi con nessuno».

Salvo Catalano

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