Brotherhood, affari degli Ercolano con i massoni Indagati anche avvocati per usura ed estorsione

«Un colletto grigio che era presente dovunque per fare qualunque cosa». Sono le parole che il giudice per le indagini preliminari Santino Mirabella ha usato per tracciare l’identikit di Sebastiano Cavallaro. Il diacono della Gran loggia massonica Federico II Ordine di stretta osservanza di Catania, guidata dal gran maestro Sebastiano Massimo Pellegrino (quest’ultimo, insieme alla loggia, non coinvolto nell’inchiesta, ndr), è finito in manette con Aldo Ercolano, ritenuto il reggente dell’omonimo clan mafioso etneo. Un connubio di affari e interessi coltivati nell’ombra tra pistole e grembiuli della fratellanza, e che avrebbe avuto come terminali proprio i due uomini. Nel registro degli indagati dell’indagine Brotherhood ci sono anche altre nove persone, tra cui cinque colletti bianchi. Sui lori nomi la procura mantiene il massimo riserbo ma è emerso chiaramente che si tratta di due avvocati del foro etneo, indagati per usura, estorsione e turbativa d’asta aggravata dalle modalità mafiose. Quest’ultimo reato è lo stesso per cui è indiziato anche un funzionario della banca Unicredit. Al centro dell’inchiesta ci sono aste giudiziarie manovrate, controlli per l’aggiudicazione di appalti, estorsioni e un’attività di recupero crediti dietro il pagamento di compensi.

Cavallaro, secondo gli inquirenti, non è solo un massone che ricopre l’incarico di primo diacono all’interno della loggia ma è anche un associato a Cosa nostra. È lui che avrebbe fatto da tramite con Aldo Ercolano, figlio di Sebastiano e cugino del più noto mandante dell’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, per diverse richieste illecite. A chiederne i servigi sarebbero stati imprenditori massoni che «avevano la consapevolezza del suo ruolo», spiega a MeridioNews il colonnello della Guardia di finanza Alberto Nastasia. Il colletto grigio sarebbe stato una sorta di braccio destro del nuovo reggente del clan. Era lui che si sarebbe occupato di consegnare i soldi ai familiari degli affiliati in carcere, sottoporre locali a richieste estorsive, curare i rapporti con le altre cosche e intervenire nelle aste fallimentari per dissuadere eventuali partecipanti troppo ambiziosi. Cavallaro sarebbe stato addirittura il destinatario di una promessa dell’anziano capomafia Sebastiano, padre di Aldo, che ha deciso in punto di morte di raccomandargli i suoi figli: «Lo zio Iano prima di morire mi ha detto “ti raccomando a te”… a me li ha raccomandati».

Tra gli episodi finiti sotto la lente d’ingrandimento c’è quello dell’aggiudicazione di un complesso industriale durante un’asta fallimentare. La Mediterranea costruzioni metalmeccaniche in passato dei fratelli massoni Francesco e Carmelo Rapisarda – entrambi finiti ai domiciliari -, che con ogni mezzo intendevano riottenerla. Ad aiutarli sarebbe stato il funzionario bancario, che avrebbe fatto acquistare il bene dalla banca, in leasing, per poi rivenderlo ai vecchi proprietari. Cavallaro, intanto, si sarebbe mosso per convincere i potenziali acquirenti a desistere. Un compito in cui sarebbe stato affiancato dall’altro indagato Adamo Tiezzi, pregiudicato per traffico di droga ed estorsioni. Una modalità operativa che ha fatto scendere il prezzo da un milione a 273mila euro

La cosca avrebbe riempito le casse anche con una fiorente attività di estorsioni. I locali finiti nel mirino sono stati i ristoranti Miseria e Nobiltà di Mascalucia e Il Vicolo Pizza & Vino di Catania. «Nel primo esercizio il pagamento è avvenuto – spiega il comandante provinciale della Guardia di finanza Roberto Manna – mentre nel secondo caso abbiamo avuto un’estorsione tentata». A occuparsi di tutto sarebbe stato sempre Ercolano, con l’aiuto di Giuseppe Finocchiaro, suo uomo di fiducia anch’egli finito in manette. Le modalità venivano descritte nel corso di alcune intercettazioni registrate dagli investigatori: «Tu invece fai così … te ne accucchi 500 … nel frattempo … passano sei mesi…. ..ne accucchi 500 … – spiegava Cavalllaro – prendi questi soldi … prendi un salvadanaio di latta e li metti dentro…non lo devi toccare…».

Dario De Luca

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