Bronte, in un casolare il latitante Vincenzo Sciacca «Braccio destro del boss con rete di fiancheggiatori»

Lo hanno monitorato nei suoi numerosi spostamenti tra le campagne delle contrade dei Comuni di Bronte e Adrano fino alla giornata decisiva in cui è scattato il blitz per catturarlo. La latitanza di Vincenzo Sciacca (foto a sinistra) si è conclusa ufficialmente oggi, trascorsi quasi dodici mesi da quando si era reso irreperibile dopo che la procura di Catania aveva disposto per lui la custodia cautelare in carcere perché condannato in Appello per omicidio aggravato per mafia

Una «latitanza importante» è stata definita dagli investigatori quella di Sciacca. Mai trascorsa nello stesso posto ma quasi sicuramente sempre lungo il perimetro rurale che unisce l’area pedemontana dell’Etna, tra pistacchieti e lunghe distese di sciara lavica. «Ha avuto una rete di favoreggiatori a Bronte – spiega il dirigente della squadra mobile Alessandro Drago – insieme al supporto economico della famiglia». A far insospettire gli agenti che gli davano la caccia è stata la presenza di una donna all’interno del casolare in contrada Cardà lungo il fiume Simeto. «Non si trattava di una parente di Sciacca e nemmeno del proprietario della masseria». Giuseppe Montagno, questo il nome, è stato arrestato in serata. Adessi per entrambi l’ipotesi adesso è quella di favoreggiamento personale per procurata inosservanza della pena. 

«Sciacca  è un personaggio importante nell’ambito della mafia di Bronte e della zona circostante perché a lungo è stato il braccio destro di Francesco Montagno Bozzone, boss del clan Mazzei». Il suo nome balza agli onori del panorama criminale dopo l’omicidio dell’imprenditore Domenico Calcagno avvenuto durante una processione religiosa il 18 maggio 2003. Un delitto decretato da Cosa Nostra catanese insieme al capomafia di Caltagirone Vincenzo La Rocca e i vertici mafiosi della provincia di Enna tra cui l’ex reggente Raffaele Bevilacqua

All’inizio del 2010 arriva la prima condanna all’ergastolo per Sciacca poi confermata dalla corte d’appello di Caltanissetta. Il colpo di scena nel 2012 quando la Cassazione annulla con rinvio la sentenza di secondo grado. Inizia così un nuovo processo con Sciacca che riassapora la libertà fino allo scorso settembre quando nel nuovo processo d’Appello viene confermato l’ergastolo.

Decisive per l’incriminazione di Sciacca le celle d’aggancio del suo cellulare. Nei tre giorni precedenti l’omicidio Calcagno, Sciacca si sarebbe mosso nell’area della provincia di Enna di Valguarnera Caropepe. Una tesi che però non aveva convinto i giudici ermellini insieme a presunte prove collegate a una modifica delle targhe della macchina con cui il gruppo di fuoco si sarebbe mosso nel giorno dell’omicidio. Nell’Opel Vectra erano stati apposti gli identificativi di una Fiat Punto noleggiata da Sciacca, che poi aveva denunciato il furto. Una perizia del Ris aveva inizialmente stabilito come la presenza di traccie genetiche sulle targhe non appartenevano al presunto killer. 

Negli ultimi mesi a finire nel mirino della direzione investigativa antimafia di Catania è stato anche il padre, Antonino Sciacca, insieme all’altro figlio Signorino, attualmente detenuto per un residuo pena da scontare di quattro anni e due mesi per mafia. Furono entrambi arrestati nel 2004 durante l’operazione Tunnel. A Bronte operano due gruppi: quello di Francesco Montagno Bozzone, vicino ai catanesi Carcagnusi, e quello di Salvatore Catania, detto Turi, affiliato al clan Santapaola-Ercolano. Tra i due clan non sempre è corso buon sangue.I l 22 febbraio del 2007 Montagno Bozzone per la terza volta in pochi anni subisce un attentato. Un tentativo non andato a buon fine che seguiva l’uccisione di un affiliato del clan rivale.

Dario De Luca

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