Ha parlato in una lunga intervista rilasciata la scorso 22 giugno al Financial Times, Edgar Bronfman Jr, presidente e amministratore delegato della Warner Music. E le sue parole sono apparse di un ottimismo irriducibile, forse come rimedio psicologico al terribile crac che sta vedendo protagoniste le case discografiche ormai da diverso tempo. Bronfman ha detto al quotidiano economico inglese che l’industria musicale è ancora “un business capace di produrre un vero flusso di cassa”, basta investire il proprio budget in “ricerca e sviluppo sugli artisti in cui si crede”.
“Per correre ai ripari – ha continuato il manager canadese – abbiamo firmato accordi a 360 gradi con gli artisti in cui crediamo che prevedono una compartecipazione della casa discografica a tutti i proventi connessi alla loro attività e immagine. Siamo disposti a rischiare sugli artisti e cerchiamo di sfruttare tutte le fonti di ricavo rese possibili dal nostro investimento iniziale”. E rispetto al digitale qual è l’opinione del boss di Warner? “Credo ci attenda un futuro abbastanza luminoso, man mano che il digitale penetra ulteriormente in tutto il mondo” – dice Bronfman, prendendo coscienza che per l’industria musicale è arrivato inesorabile “un giro di boa”. Poi però sembra contraddirsi: “nessuno ha una visione chiara di quello che accadrà in futuro”. Se c’è un primato sulla vendita digitale però, è in effetti in mano al gruppo Warner. Con una delle sue etichette, la Atlantic (in catalogo mostri sacri come Ray Charles, Aretha Franklin e Led Zeppelin), è stato il primo a incassare più denaro dai download digitali e dalle suonerie per telefoni cellulari (51%) che dalla vendita di cd (49%).
Insomma, anche quei dinosauri delle major stanno capendo che il digitale non è un nemico, ma forse l’unica ancora di salvataggio dal maremoto economico che ha colpito le multinazionali del disco. La pirateria rimarrà un “nemico da combattere” anche in futuro, ma per lo meno si intravede un maggiore sforzo da parte delle major nell’intuire nuove forme di vendita sul web, per un pubblico nuovo, diverso, più “liquido”.
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