Briganti per passione, migranti per necessità

Non è cominciata serenamente la stagione rugbistica per I Briganti, l’associazione sportiva dilettantistica di Librino, nata nel 2006 con lo scopo di usare il rugby per educare e coinvolgere in un percorso di emancipazione sociale e culturale i bambini e i ragazzi di uno dei quartieri più problematici di Catania. Il campo concesso alla squadra dall’Assessorato allo sport, il Maria Goretti a Fontanarossa, è stato chiuso per quasi tutto il periodo della preparazione atletica in vista del campionato (iniziato domenica 10 ottobre), perché in parte inagibile e quello che dovrebbe essere la loro sede naturale, il San Teodoro a Librino, è concesso esclusivamente al Catania Calcio, ma rimane inutilizzato. Della vicenda e delle conseguenze di questo vagabondare abbiamo parlato con il presidente dell’associazione, Stefano Cuccuruto.

Il campionato è iniziato, ma la preparazione atletica non è stata facile, visto che vi siete allenati in diversi campi della città fra Nesima, San Giovanni Galermo e San Gregorio. Cos’è successo?
«È successo che i campi Maria Goretti, uno di gioco e l’altro di allenamento, che noi dovremmo utilizzare come da concessione dell’Assessorato allo sport, ad agosto sono stati chiusi perché in cattive condizioni e così i nostri bambini e ragazzi si sono dovuti sobbarcare trasferimenti settimanali in campi sparsi per la città pur di allenarsi anche saltuariamente, nonostante abbiano sotto casa un campetto quasi sempre – in teoria – disponibile».

Ti riferisci al campo San Teodoro a Librino?
«Sì, la nostra sede naturale sarebbe il San Teodoro, che però è stato dato al Calcio Catania e, quel che è peggio, è chiuso e abbandonato a se stesso perché la società non lo usa.
Questo campo fa parte di un impianto polisportivo a suo tempo finanziato con i soldi delle Universiadi a Catania, poi però le universiadi di rugby sono state fatte a Palermo e il campo è rimasto incompleto. Successivamente sono stati finanziati dei lavori con i quali si è provveduto a mettere l’erba sintetica. Inizialmente il campo è stato messo a disposizione delle squadre del quartiere e non, compresi noi. Poi l’anno scorso è stato affidato al Calcio Catania, che avrebbe dovuto realizzare un progetto sociale per i ragazzi. In realtà hanno fatto solo un paio di allenamenti e quest’anno neanche quelli. Ci ritroviamo quindi con un campo abbandonato su cui sono stati spesi soldi con la scusa di un progetto di coinvolgimento sociale che non è mai stato attuato».

Quali sono le condizioni del Goretti?
«Il Goretti due è inagibile, l’uno è stato ristrutturato con i soldi della Federazione, però fino allo scorso anno era usato in maniera quasi esclusiva solo da una squadra, l’Amatori Catania. Quest’anno dovrebbe essere il campo di tutti. Le condizioni del campo e degli spogliatoi sono le stesse da anni, ma questa volta ad agosto l’assessorato ha deciso di chiudere tutto – proprio nel mese in cui le squadre cominciano gli allenamenti per la preparazione atletica precampionato – perché i campi erano inagibili. A settembre hanno aperto il Goretti uno, ma gli spogliatoi erano sempre chiusi».

Quindi vi spogliavate in campo?
«Sì, ci spogliavamo in campo, ma quel che è peggio è che mancava la luce: c’era solo una torre luce perché sono stati rubati i trasformatori delle altre torri-faro. Quindi o ci allenavamo di mattina o in quelle condizioni, e non è facilissimo allenarsi al buio. Da qualche giorno gli spogliatoi sono aperti, ma per quanto riguarda la luce la situazione è la stessa. Comunque ce la facciamo bastare».

Non ci sono altri campi a Catania?
«No, perché gli altri campi sono stati dati alle squadre di calcio, come il campo Quattro Novembre di Nesima e, comunque, per il rugby l’unico campo di gioco a Catania è il Goretti uno.
Ovviamente, abbiamo fatto delle richieste cercando di andare incontro alle esigenze delle altre società sportive, riguardo a spazi e orari, ma la risposta dell’Assessorato è che non c’è possibilità di spostare il calcio e quindi dobbiamo accettare di vagare, avere campi inagibili o di allenarci quasi al buio».

Questo quanto ha influito sulle attività dei Briganti?
«Rispetto al primo anno, quando eravamo al San Teodoro, le cose sono cambiate e questo migrare per i campi della città, da un lato, ha fatto sì che alcuni bambini del quartiere si allontanassero, ma non si parla di grandi numeri per fortuna; dall’altro però ha portato nei Briganti bambini di altre zone, come San Giovanni Galermo e San Cristoforo. Ci siamo “allargati” e possiamo dire che il nostro lavoro è su più quartieri e non su uno solo ormai. Questo migrare, però, ha creato non pochi disagi. Vivevamo alla giornata, quindi era difficile dare un appuntamento e organizzarsi».

Come funziona per gli spostamenti con i bambini?
«Li andiamo a prendere».

Suppongo non con un pullman-briganti …
«No, con le macchine-briganti. E per tutta la fase di preparazione atletica, visti i problemi con il campo, i bambini abbiamo dovuto allenarli negli stessi orari in cui ci allenavamo noi adulti. Così ogni giocatore che aveva allenamento dava un passaggio ai ragazzi che si riunivano in più punti di ritrovo, a Librino, a San Cristoforo. Molti di questi bambini non hanno una famiglia alle spalle che può permettersi di accompagnarli all’allenamento. Siamo noi che li raccogliamo per la strada, che è poi il motivo per cui siamo nati».

Voi andate avanti con tanta determinazione. Ci sarà anche qualche buona notizia, giusto?
«Presentiamo l’under 16 per il primo anno nel campionato regionale, oltre alla conferma di under 14, under 12 e under 10. Inoltre, stiamo lavorando per avviare un progetto scuole all’interno di Librino per rafforzare ancora di più il legame con il territorio, perché questo vagare da paese a paese e da campo a campo ha fatto sì che la presenza dei Briganti si sentisse un po’ di meno rispetto all’inizio, quando raccoglievamo i bambini dalla strada e li portavamo nel campo del quartiere».

Cosa prevede questo progetto?
«Fare un laboratorio di rugby con i ragazzi in una scuola di Librino. Di più al momento non posso dire».

Se parliamo di risultati sportivi, come va?
«Per i grandi speriamo che le cose quest’anno vadano meglio. I piccoli si sanno difendere. Il punto è che a noi manca l’esperienza rugbistica che man mano ci stiamo costruendo. Quindi a inizio stagione, anche i piccoli le hanno prese a livello di risultati, ma a fine stagione erano già migliorati e cresciuti molto. La stabilità di un campo e orari fissi, certo, aiuterebbero tanto. Siamo fiduciosi, però: la nostra esperienza di gioco è destinata a crescere».

Nel febbraio 2011 i Briganti compiranno cinque anni. Se dovessi fare un bilancio, come sarebbe?
«Sicuramente positivo. Proprio oggi riflettevo sul fatto che abbiamo una serie C al suo terzo anno, un under 14 che si riconferma dallo scorso anno e inauguriamo un under 16 formata da ragazzini che seguiamo da quando avevano 9 anni. Se riusciamo anche a partire con il progetto scuola, non ci potremo proprio lamentare, campo a parte ovviamente».

Agata Pasqualino

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