Brancaccio, al via il progetto per il primo asilo nido «Costruiamo il quartiere che avrebbe voluto don Pino»

«È sulla scorta di quell’esempio, di quel martirio di don Pino che abbiamo costruito una Brancaccio diversa, quella che voleva lui». Non trattiene la gioia Maurizio Artale, presidente del Centro Padre Nostro. Perché l’asilo nido che adesso si aggiunge alla lista di servizi fortemente voluti e realizzati in questi anni a Brancaccio non è esattamente una scuola come le altre. Non solo, almeno. Quello che si chiamerà I piccoli di padre Pino Puglisi, infatti, è un altro sogno del prete ucciso dalla mafia che presto diventerà realtà. L’edificio sorgerà in due appezzamenti di terreno che guardano alla rotonda Norman Zarcone donati dal Comune di Palermo, un servizio di vitale importanza sul fronte educativo e dell’azione pedagogica, reso possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Giovanni Paolo II di Firenze, che già in passato ha sostenuto i progetti del Centro, ma anche del Comune e della Diocesi di Palermo.

Sarà aperto per almeno cinque giorni a settimana e per sei ore al giorno, per un periodo di almeno dieci mesi all’anno. E sarà destinata a bambini di età compresa fra i tre mesi e i tre anni. Tre le finalità a cui si punta: la prima è di carattere prettamente educativo, con un servizio che affiancherà i genitori nella promozione della crescita dei minori, condividendo con loro un progetto didattico individualizzato; la seconda è di carattere sociale, poiché il servizio offrirà ai bambini un luogo di relazione con i pari e con gli adulti di riferimento diversi da genitori e familiari; infine una funzione culturale, nel senso che l’asilo si connoterà come luogo di promozione della cultura dei diritti dell’infanzia e offrirà un modello culturale che non discrimina nell’erogazione del servizio.

Il Comune metterà a disposizione il terreno su cui sorgerà l’asilo nido, in comodato d’uso gratuito per 99 anni, e sosterrà i costi per gli oneri concessori e le utenze (acqua, luce, gas e telefono), compresi i costi per la stipula dei contratti. La progettazione preliminare sarà sostenuta e realizzata dal centro di accoglienza Padre Nostro. Mentre la progettazione esecutiva e la costruzione saranno sostenute e realizzate dalla Fondazione Giovanni Paolo II, attraverso fondi propri e un’azione di fund raising. Il nido avrà a disposizione 60 posti. Nella fase di messa a regime e consolidamento delle attività del servizio, i costi saranno sostenuti attraverso le rette delle famiglie, stabilite in base all’Isee, che decideranno di iscrivere i propri figli: 12 posti, però, saranno a titolo gratuito, destinati a bimbi provenienti da famiglie in stato di povertà estrema.

L’asilo si aggiunge a una serie di servizi o, meglio, di sogni, già divenuti realtà nel tempo. Grazie soprattutto a chi non ha smesso di portare avanti quanto fatto da don Pino per la comunità e il territorio fino al giorno della sua morte. Progetti che a distanza di 25 anni da quel 15 settembre ’93 hanno davvero provato a cambiare il volto di Brancaccio. Dall’istituto comprensivo che porta il suo nome al centro polivalente sportivo di via san Ciro. E ancora quello di via Cappello e la casa di accoglienza per donne vittime di abusi e maltrattamenti, ma la lista è lunga e non si possono non citare anche gli sportelli integrati territoriali, lo spazio gioco per bambini fino a cinque anni, il centro aggregativo diurno per anziani nell’ex mulino del sale e la casa di accoglienza per detenuti Figliol prodigo. «Tutto quello che riusciamo a realizzare non lo percepiamo, è come se fossimo già andati avanti, come se stessimo già guardando alla prossima idea, al prossimo progetto, ma è chiaro che è qualcosa di importantissimo – racconta Artale -. Tutte le volte partiamo da un interrogativo: possibile che Brancaccio debba avere solo dei surrogati? Abbiamo sempre lottato per avere strutture vere. Abbiamo aspettato, sì, ma non abbiamo mai abbandonato le speranze e i risultati ci sono stati».

L’invito del presidente del centro ai ragazzi di oggi è proprio quello di imparare ad aspettare, in un’epoca in cui a predominare è spesso la rapidità, il tutto e subito. «Non esiste solo il bivio mala vita o bella vita, c’è anche l’attesa, quella fa parte della strada – dice -. Il messaggio è che se non si abbandona la strada, le cose si raggiungono alla fine. Noi ne siamo l’esempio: non c’è stata una sola cosa che aveva pensato padre Puglisi che non abbiamo realizzato, malgrado i tempi lunghissimi e tutto quello che c’è costato, dalle minacce ai danneggiamenti. Lo scoramento c’è stato, ma i risultati anche». Il nido arriva dopo 25 anni dalla morte del parroco, ma il servizio che si propone di offrire in realtà veniva realizzato nel quartiere dai volontari del centro già da dieci anni: «Un servizio che abbiamo garantito sempre ma che adesso finalmente avrà una struttura vera, tutta sua».

Silvia Buffa

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