«Un’operazione chirurgica». È in questi termini che i militari del reparto operativo di Palermo descrivono il blitz di questa notte nel cuore della città, che ha portato all’arresto di diciassette persone, sospettate di fare parte della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, rapina, detenzione illecita di armi e munizioni e intestazione fittizia di beni. «Un’operazione molto significativa, perché va a colpire una delle famiglie più importanti di un mandamento ancora vitale, quello cioè di Porta Nuova, composto dall’omonima famiglia di Porta Nuova, da Palermo Centro e da Borgo Vecchio – commenta il comandante provinciale dei carabinieri Antonio Di Stasio -. Questo dimostra che Cosa nostra, malgrado nel tempo sia stata fortemente attaccata dalle forze dell’ordine con un’attività di contrasto da parte dello Stato sempre più attenta e puntuale, è ancora vitale e attiva, alla spasmodica e costante ricerca di denaro, che ricava soprattutto con le estorsioni e con il traffico di droga».
È all’interno di questo scenario che, secondo il comandante Di Stasio, si inserisce anche il recente omicidio avvenuto al mercato del Capo, che ha visto morire lo scorso 26 agosto, dopo un inseguimento in mezzo alla folla intenta a fare la spesa, Andrea Cusimano, ucciso dal 23enne Calogero Piero Lo Presti, storico cognome, il suo, legato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova. «Il mio più sentito grazie però va a quei commercianti che hanno saputo denunciare i loro estorsori e che con grande coraggio hanno saputo interpretare le parole del giudice Paolo Borsellino, cioè che è naturale avere paura, ma questo sentimento va anche accompagnato dal coraggio – aggiunge il comandante -. Sono uomini che, pur non indossando una divisa come me, hanno saputo interpretare bene il loro ruolo di cittadini, portando un grande messaggio per contrastare il fenomeno mafioso e per rendere più vitale l’affermazione della legalità, intaccando quel muro ancora forte a Palermo di omertà».
Un passo in avanti decisivo, quindi, che rompe definitivamente i ponti col passato. Malgrado, però, dei numerosi commercianti che hanno collaborato per portare agli arresti di stanotte, nessuno si sia fatto avanti spontaneamente. «Uno dei risultati più importanti di questo blitz è sicuramente l’aver rotto il muro di omertà da parte dei commercianti. Possiamo dire che se un imprenditore di Borgo Vecchio collabora con le forze di polizia, allora tutti i commercianti e gli imprenditori di Palermo possono denunciare le attività estorsive di Cosa nostra», commenta Mauro Carrozzo, comandante del reparto operativo di Palermo. Fondamentale è stato il ritrovamento nel 2015 del cosiddetto libro mastro nel covo dei Tantillo: «È stato un tassello molto importante. Fu fatta una perquisizione personale e fu trovato questo biglietto con sopra scritto, nero su bianco, l’indicazione di alcune delle attività commerciali che erano sottoposte a estorsione – continua Carrozzo -. I commercianti che hanno collaborato sono stati chiamati da noi, nessuno di loro è venuto spontaneamente. Tuttavia, rappresenta comunque un passo avanti fondamentale, visto che in passato non avveniva neppure questo».
Altro punto messo a segno è stata l’individuazione del successore della reggenza della famiglia di Borgo Vecchio, secondo gli inquirenti Elio Ganci, scarcerato a novembre 2015 e messo a capo del clan su indicazione diretta dei fratelli Tantillo, Domenico e Giuseppe, preoccupati di un loro eventuale e imminente arresto a causa della collaborazione con i magistrati di un ex della famiglia, Francesco Chiarello, pentito chiave anche in un altro caso, quello dell’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Risultati positivi, quindi, che però tirano nuovamente in ballo e con forza un tema sempre più attuale a Palermo: quello dei boss freschi di scarcerazione che tornano a ricoprire i vecchi ruoli lasciati scoperti con i loro arresti. «Ganci era già stato condannato per associazione mafiosa e per una serie di attività estorsive che aveva già commesso in passato e alla sua individuazione infatti si è giunti nel corso della precedente attività d’indagine», spiega ancora Carrozzo, alludendo alle operazioni Panta Rei I e II a cavallo fra il 2015 e il 2016.
«Questo ci dà la misura di come Cosa nostra riesca a riprodursi anche negli assetti di vertice e nella catena di comando sul territorio, continuando a garantire alle proprie casse e quindi al sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie tutti quegli introiti delle attività illecite», conclude Carrozzo. Un’operazione, quella di stanotte, che ha permesso anche di fare luce su una sparatoria avvenuta la sera del 4 marzo 2015 nella centralissima piazza di Borgo Vecchio: due fazioni del sodalizio mafioso si erano fronteggiate a colpi di arma da fuoco alla presenza di numerosissime persone. Oggi tutti i componenti di quel gruppo di fuoco sono finiti dietro le sbarre. Infine, il blitz ha portato anche al sequestro di cinque attività commerciali: tre panifici, una sala scommesse e un negozio di detersivi, tutte riconducibili, secondo gli inquirenti, a Cosa nostra e che gli appartenenti al sodalizio avrebbero avviato reinvestendo i capitali illeciti e intestando le attività a dei prestanome, denunciati in stato di libertà».
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