Borgo Vecchio, 17 arresti: decapitato il clan Emersi gli assetti e le dinamiche della cosca

Sono 17 le persone che oggi sono finite in manette accusate di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, rapina, illecita detenzione di armi e munizioni e fittizia intestazione di beni. L’inchiesta, coordinata dalla Dda, è la prosecuzione di operazioni condotte nei confronti degli affiliati del mandamento mafioso di Porta Nuova negli ultimi sei anni e ha permesso di decapitare il clan di Borgo Vecchio. Grazie alle intercettazioni e alla rivelazioni di due pentiti sono stati individuati assetti e dinamiche della cosca. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e condotta dai carabinieri e ha consentito di accertare 14 episodi di taglieggiamento. Alcune vittime, i cui nomi erano noti agli investigatori che intercettavano gli estortori e seguivano le attività illegali del clan, convocati dai militari dell’Arma, hanno ammesso di aver pagato la tassa mafiosa. Gli arrestati sono Fabio Bonanno, Domenico Canfarotta, Cristian Cinà, Domenico Consiglio, Salvatore D’Amico, Marcello D’Amico, Elio Ganci, Giuseppe La Malfa, Nunzio La Torre, Gianluca Lo Coco, Luigi Miceli, Francesco Russo, Salvatore Russo, Antonino Siragusa, Massimiliano Tabbita, Domenico Tantillo,  Antonino Tarallo. 

Dall’indagine è emerso il ruolo di vertice nel clan di Elio Ganci. Nel 2015, certi di essere arrestati dopo la collaborazione con la giustizia di Francesco Chiarello, i fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo, allora reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, avrebbero ottenuto il consenso dai vertici del mandamento di Porta Nuova per la designazione del loro successore individuato, secondo gli inquirenti, proprio in Ganci. Ganci è stato, scarcerato nel novembre di due anni fa dopo aver scontato una condanna per mafia ed estorsioni . Il boss, secondo gli inquirenti, si sarebbe servito di Fabio Bonanno, Salvatore D’Amico, Luigi Miceli e Domenico Canfarotta, delegati a curare il sostentamento economico dei familiari dei detenuti, le attività estorsive ed il controllo della piazza di spaccio nel territorio di competenza mafiosa, attività con cui la mafia si finanzia e con cui controlla il territorio. Nel corso dell’inchiesta sono state sequestrate anche diverse attività commerciali riconducibili a Cosa nostra, intestate a prestanomi attraverso le quali il clan riciclava il denaro sporco. 

Uno dei particolari dell’inchiesta riguarda il fatto che il clan avrebbe reclutato un ragazzino di 16 anni per riscuotere il pizzo nel quartiere. Un baby taglieggiatore impiegato dai mafiosi del Borgo Vecchio per prendere il denaro imposto dal clan a commercianti e imprenditori. «La rivolta dei commercianti del Borgo Vecchio è il segno ed il risultato di un cambiamento culturale e sociale che penetra anche in questa parte della città. A questi commercianti, così come agli inquirenti e alle forze dell’ordine che ne accompagnano il percorso di liberazione e affrancamento, deve andare il nostro apprezzamento e ringraziamento. Al Borgo Vecchio, come in tutta la città non possono esserci zone franche di legalità e diritti. Perché Borgo Vecchio è Palermo e Palermo è Borgo Vecchio». Lo ha detto il sindaco Leoluca Orlando commentando l’operazione condotta dai carabinieri.

Redazione

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