Al massimo 3500 euro. Questa la somma a cui possono aspirare le imprese che si erano interessate al Bonus Sicilia, la misura introdotta dal governo Musumeci nella finanziaria regionale per sostenere le attivitià che hanno risentito della chiusura primaverile disposta durante la prima ondata di Covid-19. Archiviato il flop del click day– anche se, in realtà, il governo ha dato mandato a una mini-task force di accertare le responsabilità – la giunta nei giorni scorsi ha varato le indicazioni per consentire di utilizzare i 120 milioni di euro a disposizione. Nella delibera siglata da Nello Musumeci si specifica che le domande già caricate sulla piattaforma SiciliaPei saranno conteggiate al momento della ripartizione delle risorse che sarà fatta. Inoltre, sarà aperta una nuova finestra temporale in cui eventuali imprese, che non avevano avviato le pratiche per ambire al bonus, potranno farsi avanti. Tuttavia, queste dovranno sperare che il budget a disposizione non sarà già assorbito dai richiedenti della prima tornata.
In attesa di scoprire nei dettagli come avverrà la distribuzione dei fondi, all’Ars c’è chi vuole continuare a vederci chiaro sul flop. Il Movimento 5 stelle è al lavoro per cercare di ricostruire quanto accaduto, in una sorta di indagine parallela a quella della task force del governo. Il 13 ottobre il tema era finito anche al centro del dibattito d’aula con una serie di interventi rivolti all’assessore alle Attività produttive Mimmo Turano e all’assessore all’Economia Gaetano Armao. «All’interno dell’agenda digitale c’è scritto che la progettazione di qualsiasi sistema informativo deve essere fatta da Sicilia Digitale», ha detto il deputato Nuccio Di Paola chiedendo lumi sul coinvolgimento della partecipata della Regione nel click day. Stessi riferimenti per l’Arit, l’autorità regionale per l’innovazione tecnologica. «Com’è che noi ci accorgiamo di un problema tecnico così grave e l’Arit e il dipartimento Attività produttive non se ne accorgono?», ha chiesto il capogruppo Giorgio Pasqua.
Nel mirino la scelta di affidarsi a un privato, tramite il sistema Consip. L’incarico, dato a Tim, avrebbe registrato il coinvolgimento anche di una ditta che ha preso parte pure alla realizzazione di Sicilia Si Cura, il sistema informatico alla base dell’app che la Regione Siciliana ha promosso per monitorare le condizioni di salute di chi arriva in Sicilia, nell’ambito del monitoraggio dell’epidemia Covid-19. «Da quello che ci risulta – dichiara Di Paola a MeridioNews – si tratta della WebGenesys. Indipendentemente da chi siano le imprese coinvolte – aggiunge il deputato – a noi interessa sapere se è necessario affidare all’esterno certi compiti o se, invece, si possono svolgere con risorse interne o tramite risorse interne si possa effettuare un maggiore controllo sui fornitori esterni».
A rispondere in aula era stato Armao. Il vicepresidente della Regione e assessore all’Economia ha replicato dicendo che al momento con Sicilia Digitale «non c’è un contratto di servizio, c’è un problema di abilitazioni e, pertanto, non può progettare». Per l’esponente della giunta Musumeci, dunque, il ricorso al privato tramite la piattaforma Consip era strada obbligata. «Quando sarà stipulato il contratto di servizio si potrà tornare ad affidare direttamente a Sicilia digitale, che è stata riconosciuta peraltro in house, dopo un percorso lungo due anni, solo qualche mese fa». Sulla scelta di Tim di subappaltare il lavoro, Armao ha chiosato: «Nel momento in cui si stipula un contratto con un soggetto si dà per una quota parte la possibilità di subappaltare e, ovviamente, il contraente risponde anche ai soggetti a cui ci si è rivolti. Quindi – ha concluso – è evidente che se ci sono profili di responsabilità, che in questa sede non posso acclarare né preannunciare, saranno oggetto di approfondimento e di verifica».
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