«Un contadino sanguinario che con la sua brama d’onnipotenza ha distrutto Cosa nostra». Ma cosa succederà adesso? «La cupola tornerà a riunirsi per scegliere il nuovo capo». Sono le parole che il giornalista Attilio Bolzoni utilizza, in un’intervista a MeridioNews, per tratteggiare il profilo di Totò Riina e analizzare il futuro della mafia. Una posizione diametralmente opposta a quella dello storico Salvatore Lupo. Il capo più violento della mafia è morto ieri notte all’età di 87 anni, mentre era ricoverato a Parma. Dal quotidiano L’Ora alle pagine di Repubblica, Bolzoni, nato in provincia di Lodi ma siciliano d’adozione, racconta da decenni Cosa nostra e i suoi principali interpreti. Compreso Riina, protagonista del libro Il Capo dei capi, scritto con il collega Giuseppe D’Avanzo. Proprio da quelle pagine nascerà a distanza di anni la discussa serie televisiva su Totò ‘U curtu, nato a Corleone nel 1930. Un metro e 58 centimetri di violenza e intransigenza che gli hanno consentito di instaurare dentro Cosa nostra la dittatura dei villani. La scalata, iniziata con i massacri interni tra il 1981 e il 1982, è poi proseguita con le stragi e la guerra totale allo Stato, fino alla presunta trattativa, l’arresto, nel gennaio 1993, e i 24 anni trascorsi dietro le sbarre con i suoi segreti. Gli stessi che adesso si porterà dentro la tomba. Ma chi sarà il suo erede? Per Bolzoni il nome su cui puntare non è quello del super latitante Matteo Messina Denaro.
Perché ti senti di escludere il boss di Castelvetrano? Hai già dichiarato che Cosa nostra pescherà a Palermo, eppure Messina Denaro rappresenta quel volto imprenditoriale che riesce a fare business in settori nuovi, come quello delle pale eoliche. La mafia può permettersi di rinunciare al suo marketing preferendo uno sconosciuto?
«Prima di tutto perché lui non è di Palermo e nel capoluogo non è ben visto. Matteo Messina Denaro è l’erede finale della strategia stragista di Cosa nostra, la stessa che ha portato alla rovina della mafia siciliana provocando danni non calcolabili. C’è poi una questione di profilo, lui è uno che pensa troppo ai fatti suoi e non all’organizzazione. Per la Cosa nostra che si vuole sicuramente ricostruire, lui non è la persona giusta».
La cupola adesso potrebbe tornare a riunirsi? Non lo fanno dal 15 gennaio 1993 e forse si vuole mitizzare il fatto che davvero i capi delle famiglie siciliane possano permettersi di sedersi attorno a un tavolo, tutti insieme, in nome della democrazia interna all’organizzazione.
«Non è affatto un mito perché formalmente il capo è stato Totò Riina e fino a quando era vivo nessuno poteva permettersi di ricostituire la cupola ed eleggere un suo sostituto: la forma dentro Cosa nostra è anche sostanza. Da questo momento in poi la mafia si appresterà a scegliere un nuovo capo».
Da novembre 2013 Riina è stato intercettato in carcere, pronunciando anche una sentenza di morte nei confronti del magistrato Nino Di Matteo. Credi che qualcuno possa farsi carico di questa volontà?
«Solo un pazzo scatenato, e non possiamo escludere che dentro Cosa nostra ci sia un personaggio con un profilo simile, può continuare con la strategia stragista. Per due secoli la mafia non ha mai fatto la guerra allo Stato».
Con la morte del boss, fuori da Cosa nostra c’è qualcuno che adesso tirerà un sospiro di sollievo? Con Riina vanno nella tomba anche i suoi segreti.
«Secondo me sì. Penso a molti personaggi degli apparati dello Stato. Quelli che insieme a Riina conoscono qualche verità sulle stragi del 1992. Ci sono verità giudiziarie raggiunte faticosamente con un grande lavoro da parte dei magistrati, ma ci sono anche dei pezzi mancanti che con la morte di Riina, purtroppo, resteranno mancanti per sempre».
Hai seguito, e continui a farlo, in maniera capillare le vicende che riguardano Cosa nostra. Perché viene accolta in maniera tiepida la notizia della morte di questo uomo. È un bene o un male? C’è magari il rischio di una rimozione collettiva del problema mafia?
«Perché Riina dovrebbe meritare l’attenzione della gente? Parliamo di un sanguinario che ha ordinato omicidi, è un assassino che è andato via e lì finisce».
Ci sono luoghi simbolo, a Corleone o altrove, che ancora oggi possono descrivere il personaggio Riina?
«Corleone ha fatto passi avanti come tutta la Sicilia. Le nuove Corleone, sotto forma diversa, sono da Roma spostandosi verso Nord. Dove ci sono molti più silenzi e omertà che in Sicilia. Ci sono politici che dicono che la mafia non c’è e ci sono anche diversi imprenditori che con la mafia ci fanno affari. Cosa nostra ha poco da spremere al Sud, la mafia vera si è spostata dove ci sono i soldi».
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