Il rilancio dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese passa ancora una volta dai tavoli romani e dalle otto manifestazione di interesse per il polo industriale, che sono in via di valutazione. Intanto si spinge forte sulla proroga della cassa integrazione fino al 30 settembre per gli oltre seicento lavoratori invischiati in una spirale che da almeno un decennio sembra non avere fine. Il presidente della Regione nelle scorse settimane è stato chiaro sulla necessità di andare oltre gli ammortizzatori sociali e fare di tutto per ripagare le famiglie in attesa con il lavoro piuttosto che con degli aiuti. E alle parole del presidente della Regione si sono aggiunte anche quelle dei numero uno di Confindustria Sicilia, Alessandro Albanese.
«Per l’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese è di nuovo tempo di scelte – dice – Questa volta, però, speriamo che la precondizione sia la produzione e non il mantenimento della cassa integrazione. La storia degli ultimi dieci anni a Termini Imerese è stata uno schiaffo all’impresa, alla produzione e al lavoro. Da imprenditore dico, senza tema di smentita, che la questione principale da affrontare è quella degli ex lavoratori Fiat: nessuna impresa che intenda avviare un progetto imprenditoriale serio può pensare di partire avendo già sulle spalle 700 dipendenti in cassa integrazione. È pura follia il solo pensarlo».
I dubbi di Albanese ricadono proprio sulle manifestazioni d’interesse giunte sul tavolo di Invitalia, per cui il presidente degli industriali siciliani non risparmia parole pesanti. «Chi accetta una condizione del genere è perché non ha interesse a fare impresa, ma soltanto ad accaparrarsi le risorse pubbliche messe a disposizione da Stato e Regione. E quindi, si faccia tesoro dell’esperienza e del passato. Dieci anni di fallimenti inanellati da Invitalia spero siano serviti a qualcosa. I lavoratori vanno tutelati, dal primo all’ultimo, così come già fatto tante volte con altre grandi aziende pubbliche e private. I modi ci sono. Ma di certo non è realistico credere che una impresa seria e sana possa iniziare una qualsiasi attività con 700 lavoratori in cassa integrazione».
Le risorse pubbliche a cui si fa riferimento sono i 240 milioni di euro lasciati in dote dalla Regione, che partecipa con 90 milioni e dal Mise, con un impegno da 150 milioni. «I sindacati per primi dovrebbero pretendere che chiunque abbia un progetto d’investimento per l’area di Termini Imerese inizi facendo assunzioni e non cercando di protrarre, ancora chissà per quanto tempo, una situazione di precarietà che tiene sui lavoratori la spada di Damocle del rifinanziamento della cassa integrazione e, nel frattempo, continua a svuotare le casse pubbliche, mortificando e depauperando la cultura imprenditoriale di un intero territorio. Le agevolazioni garantite da Stato e Regione vengano concesse sulla base della produzione e dell’occupazione creata. Se non si è capaci di fare questo, allora significherà che l’intenzione è ancora una volta quella di prendere in giro la Sicilia, le sue imprese e i suoi lavoratori».
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