Al centro delle discussioni ci sono le cattive compagnie del figlio. Ma a preoccupare il padre di Antonino Vallelunga, 34enne ritenuto affiliato al mandamento di Trabia, non sono degli amici con la testa poco sulle spalle. Il genitore, titolare di un’officina meccanica, non appartiene agli ambienti malavitosi in cui sembra gravitare Antonino. I tentativi per farlo desistere non mancano, sino a diventare dei veri e propri scontri in pubblico che attirano l’attenzione del boss Diego Rinella. «C’è il padre di Nino che fa un casino!», dice il capo mandamento di Trabia in un’intercettazione del 28 marzo 2012. Il padre di Antonino Vallelunga, infatti, inizia a farsi eccessivamente sospettoso e riesce anche a fiutare quando il figlio viene coinvolto in affari illeciti. «Vedi che lo stanno consumando a mio figlio. Se lo vanno portando, lo mandano qua… lo mandano là», avrebbe più volte detto Vallelunga senior secondo l’ironica parodia fatta da Rinella stesso. Ma c’è poco da ridere. Presto scatta un piano per chiudere la bocca a «quel pazzo di suo padre».
All’improvviso sale al primo posto fra le preoccupazioni del mandamento di Trabia il conflittuale rapporto padre-figlio e l’urgenza di porvi rimedio: «Si mette a parlare bar bar», continua a dire Rinella, preoccupato. Le accuse del padre di Vallelunga diventano presto di dominio pubblico. A intervenire per primo è Michele Modica, fedele compagno di Antonino, intenzionato a ridimensionare l’atteggiamento del genitore dell’amico. Imbeccato da Rinella, Modica dice ad Antonino: «Gli dici (a tuo padre, ndr) che se non la finisce di parlare assai e nominare le persone a momenti succede l’ira di Dio qua. Non c’è altro sistema, Nino». E, in un’altra conversazione, Rinella rincara la dose: «Io non voglio essere messo in bocca da lui, se no ci vado io e gli dico “Da dove minchia sei sbarcato? Dalla luna? Come ti permetti a fare certe osservazioni? Là è un deposito, chi viene viene”» riferendosi al significativo andirivieni di personaggi delle famiglie mafiose del territorio nell’impresa Himera Edilizia a Termini Imerese – intestata in maniera considerata dai magistrati fittizia alla figlia di Giuseppe Ingrao, braccio destro di Rinella – e trasformato da deposito a covo degli affiliati a Cosa nostra.
«Tuo figlio, qualsiasi cosa è, è un cristiano maggiorenne, se non ci vuole stare più con te che vuoi? Il padre si rispetta fino a un certo punto! – continua a dire Rinella – Quando uno è pazzo che fa?». Il piano è che Antonino Vallelunga parli con il padre e lo convinca a smettere di avere certi atteggiamenti inopportuni. Il consiglio del boss e del fidato compagno di imprese illecite è quello di minacciare velatamente Vallelunga senior, facendogli intuire che sino a quel momento non ha pagato il pizzo solo grazie al volere dell’organizzazione mafiosa. Il messaggio, però, non sembra portare ai risultati sperati. Il mese successivo, infatti, il 16 aprile 2012 viene intercettata una conversazione fra Rinella e Massimiliano Restivo, altro affiliato del mandamento: «Minchia ma l’altro ieri hai visto cosa ha combinato là allo stradone? – dice Restivo al boss, riferendosi proprio a Vallelunga padre – Si è messo ad abbanniare a tutti. Si è preso il megafono. Diceva cose molto pesanti e parlava per tutti». «Penso che si è perso di cervello», risponde a questo punto l’altro.
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