«Ieri ci hanno contattato dal Brasile, la settimana scorsa dall’Albania, volevano importare la nostra birra, ma non possiamo ancora produrla». Al Birrificio Messina mancano i macchinari e i quindici lavoratori che hanno fondato una cooperativa mettendo coraggio e soldi per rilanciare il marchio, non possono che prendere tempo di fronte alle numerose chiamate. Ma il percorso dopo il progressivo smantellamento della Birra Messina, fondata nel 1923, rilevata alla fine degli anni ’80 dalla Heineken e poi liquidata nel 2012 sotto il marchio Triscele, sembra veramente vicino al traguardo. «Se tutto va come previsto, entro aprile le attrezzature verranno montate», spiega Mimmo Sorrenti, presidente della cooperativa.
Negli ultimi mesi i lavoratori hanno dovuto affrontare soprattutto le resistenze delle banche, che non hanno concesso un leasing (una forma di finanziamento in cui, in cambio di un canone periodico, il cliente ottiene la disponibilità di un bene necessario alla propria attività, acquisendone la proprietà al termine del contratto dietro pagamento di una quota prefissata). «Ce l’hanno rifiutato perché il nostro rating era troppo basso – spiega Sorrenti -. Adesso abbiamo aumentato il capitale sociale e abbiamo chiesto all’Inps l’anticipo sulla nostra mobilità per investirlo nella cooperativa. A breve metteremo anche i nostri Tfr, così il patrimonio sociale arriverà a 900mila euro. In questo modo siamo riusciti a sbloccare la situazione e la banca ci ha concesso un mutuo».
Il costo complessivo del progetto partito nell’estate del 2013 ammonta a circa quattro milioni di euro. Per l’acquisto dei macchinari che serviranno al confezionamento servono un milione e 600mila euro, un altro milione e 400mila euro per le attrezzature necessarie alla cottura del luppolo. Ulteriore ostacolo nel reperimento dei fondi necessari sono state le richieste dell’Ircac, l’istituto per il credito alla cooperazione, che fa capo proprio alla Regione. Per ottenere un altro mutuo da 500mila euro, prima l’ente ha chiesto che i componenti del cda della cooperativa facessero da fideiussori. «Non ce la siamo sentiti di far ricadere il peso di questo finanziamento sulle spalle di solo cinque di noi», sottolinea Sorrenti. Quindi l’istituto ha proposto di ipotecare i capannoni dove ha sede la cooperativa. Strutture che ricadono nell’ex zona Asi e che sono stati concessi dalla Regione. L’accordo con l’ente, però, prevede che per cinque anni non possono essere comprate dai lavoratori. «Adesso – spiega il presidente – c’è una trattativa in corso proprio a Palermo per vedere se è possibile ipotecare le due strutture. Se tutto va bene – continua – entro aprile riusciremo a produrre la nostra birra».
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