Ancora una volta il mito moderno di una Catania metropolitana, motore trainante e faro dellemancipazione culturale della provincia siciliana al tempo dei cesari in camicia nera, serve da sfondo al sarcasmo di un Vitaliano Brancati in parte inedito. Il Brancati antifascista. Lautore che più di tutti ha saputo, con chirurgica perizia letteraria, mettere a nudo vizi privati e pubbliche virtù della raggiante Catania fascista, la fa assurgere ancora una volta, a palcoscenico privilegiato sul quale si consumano la tragicomiche vicende dellItalietta del fascio littorio. Ed è proprio calcando, umile e sottomesso allitalico malcostume della necessità dellennesima ed indispensabile lettera di raccomandazione, i salotti della Catania che contava, che si consuma il progressivo distacco dal fascismo. Lentusiasmo giovanile di Brancati nei confronti di un fascismo dalla forte matrice dannunziana, si infrange al cospetto della sordità di piccoli e grandi gerarchi troppo attenti a perseguire fini propagandistici più che artistici.
Questo Brancati, disilluso e amareggiato, ci è restituito dalla sapiente scelta dei brani operata da Nino Romeo in caricature frivole allegretto ma non troppo su partitura di novelle e brani di Vitaliano Brancati, messa in scena il 15 Marzo, allauditorium G. De Carlo dellex Monastero dei Benedettini.
La lettura delle opere dellautore catanese, affidata alla toccante interpretazione di Grazia Maniscalco e Nino Romeo, ed accompagnata dalle sonate di Debussy, ci ha restituito un Brancati profondamente ironico e caustico nel criticare la cecità della piccola borghesia di provincia. In opere come singolare avventura di Francesco Maria o La noia 937, la ridicola pantomima dei personaggi che sfiora il grottesco, si mescola con il tragico epilogo della vita dei protagonisti, presentandoci con tono sommesso e volutamente distaccato, un uomo in aperta polemica con le sue scelte prima ancora che con il regime.
Tuttavia lantifascismo di Brancati, maturato sin dal 38 come testimoniato dal carteggio tenuto dallo scrittore catanese con il Ministro della cultura popolare Interlandi, non sfociò in una prevedibile e scontata adesione alla cultura ufficiale del primo dopoguerra. Le lettere edite ed inedite, carteggio privato di Brancati con la famiglia, raccontano invece di un uomo determinatamente avverso a qualunque forma di ingerenza ideologica. Tra le righe delle lettere al padre, Brancati non si esime dal lanciare strali contro la censura Democristiana degli anni cinquanta, rea di aver posto veto alla rappresentazione de La Governante.
Un uomo ostinatamente e orgogliosamente libero fu quindi Vitaliano Brancati, che seppe resistere alle sirene della generale amnistia proposta nellimmediato dopoguerra da Togliatti dalle quali furono invece ammaliati molti suoi contemporanei. Da Curzo Malaparte a Ugo Spirito, solo per citarne alcuni, molti intellettuali del tempo, con una manovra di alto trasformismo, si ersero a baluardi del pensiero marxista dimenticando frettolosamente la loro adesione al fascismo.
Molti. Quasi tutti ma non Vitaliano Brancati.
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