Bimba con malattia rara e un’odissea chiamata 104 «Per l’Inps ogni paziente è uguale, senza specificità»

«Continua la battaglia intrapresa per il riconoscimento dei diritti di baby marshmallow». Valeria Scozzari, mamma della piccola Diana, non si arrende e alla luce del secondo mancato riconoscimento da parte dell’Inps dell’handicap della figlia affetta da una patologia rara non diagnosticata pretende chiarezza e risposte. Quelle che, però, dall’ente di previdenza sociale sembrano arrivare a singhiozzi. Quando arrivano. Una battaglia, quella della famiglia, costellata fino a questo momento da intoppi burocratici, risposte ogni volta diverse, a seconda della struttura o del funzionario cui si è rivolta, e di tanti, troppi paradossi. L’ultima, in ordine di tempo, è che «per l’esimio scarto di ben 15 euro di reddito annuo non rientriamo all’interno di una fascia di esonero dal pagamento delle more in caso di rifiuto», qualora la famiglia decidesse di presentare un’istanza di ricorso nei confronti dell’Inps stesso.

«Detto in parole povere – continua la madre -, laddove il ricorso non venisse accolto, verremmo condannati anche al pagamento delle spese legali sostenute dall’Inps, ammontanti a circa 1200 euro». E tutto questo per uno scarto, appunto, di appena 15 euro. «Se avessimo guadagnato 1,25 euro in meno al mese, non correremmo questo rischio. Lo Stato, in quel caso, ci considererebbe troppo poveri per punirci anche del crimine di aver osato insistere per un diritto della nostra bambina», insiste Valeria. Una soglia stabilita secondo parametri tecnici e calcoli soprattutto che in passato, per un’altra richiesta della famiglia, era stata giudicata diversamente: «Questo stesso reddito due anni fa fu considerato troppo basso per potere usufruire delle agevolazioni fiscali per ristrutturazione edilizia. Mi fu detto dall’Agenzia delle entrate: “mi spiace cara ma la vostra base imponibile è troppo bassa per scaricare altre spese” – spiega la donna -. Lo stesso reddito, oggi, è troppo alto per avere il diritto di controbattere gratis ad un esito ingiusto e discriminante».

Sì perché, accesso o meno a un’eventuale agevolazione, il punto della vicenda rimane sempre quello: l’esito della visita per ottenere la 104 (la legge che riconosce l’assistenza ai disabili …ndr), che continua a risultare negativo nel caso di Diana. Mentre schiere di dottori continuano a non vedere, a livello medico, i problemi fisici della bambina. «A guardarla sembra sanissima, ma è una bambina molla, i suoi muscoli non sviluppano il tono, sembra di toccare una mozzarella», racconta di lei la mamma. Della patologia si sa ancora davvero poco, dipende dall’anomalia di un cromosoma, anzi, di un pezzetto di questo cromosoma, sulla quale non si sa nulla, tranne quello che dicono i sintomi più manifesti: la compromissione del sistema immunitario, l’estrema delicatezza dell’apparato respiratorio con propensione a infezioni e polmoniti ricorrenti, l’ipotonia assiale, la perdita cioè del tono muscolare, circostanza che la rende più esposta a lussazioni e slogature.

Intanto dall’Inps l’unica risposta è quella di persistere con la domanda per il riconoscimento della 104. Una soluzione potrebbe essere quella di avanzare una «domanda con aggravamento», che permetterebbe alla famiglia di fornire una documentazione medica continuamente aggiornata. Soprattutto adesso che il caso di Diana è stato preso in carico dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, dove è già avvenuto un ricovero e sono stati effettuati dei nuovi esami clinici. Un’ipotesi di cui la famiglia non potrà che tenere conto. «Non esiste ad oggi nessun iter ad hoc, ma lo stesso percorso per tutti». Insomma, ogni paziente è uguale per l’istituto di previdenza sociale, e viene per questo sottoposto allo stesso percorso, che non guarda al caso specifico. Non si fanno distinzioni di sorta, in pratica. In pentola, però, potrebbero già esserci anche nuove idee da parte della famiglia. «Inizio seriamente e operativamente a lavorare a un progetto di onlus che si occupi della realtà delle famiglie senza diagnosi con un focus particolare sull’aspetto della previdenza sociale con la quale ambisco a creare un dialogo, non uno scontro», rivela infine mamma Valeria. 

Silvia Buffa

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