Salvatore Parlato passava in media a Catania tre giorni a settimana. L’assessorato al Bilancio, che ha preso in mano dopo le dimissioni del suo predecessore Giuseppe Girlando – adesso accusato di tentata concussione aggravata -, andava avanti la metà del tempo senza che lui si facesse vedere a Palazzo dei Chierici. Presente, sì, ma a distanza. Ed è di pochi minuti fa la notizia di cui già si aveva sentore: si è dimesso. E al suo posto arriva Salvo Andò, nominato pochi giorni fa commissario liquidatore della bad company di Amt. «Mi domando ogni giorno chi me lo abbia fatto fare», dichiarava Parlato poche ore fa a MeridioNews. A lui, del resto, la poltrona di assessore è arrivata in un momento complicato. «Quando ho accettato, non ero a conoscenza dell’indagine a carico dell’assessore Girlando. Se il sindaco lo sapeva, e questo mi pare che non lo abbia chiarito, certamente non me lo ha comunicato. Io l’ho appreso dalla stampa». E se lo avesse saputo, avrebbe accettato ugualmente? «Mia moglie mi ha fatto la stessa domanda e non le ho risposto».
È in questo clima che il super-esperto Salvatore Parlato si è trovato a occupare un posto che un giorno sì e l’altro pure viene investito dalle polemiche. E tutto questo senza che potesse aspettarselo. A Roma, dove il componente della giunta Bianco passa parecchio tempo, il suo lavoro dà frutti graditi: il Crea, l’ente di ricerca sull’agroalimentare che fa capo al ministero dell’Agricoltura, è nato un anno e mezzo fa ed è già ottavo in Europa per quantità di finanziamenti ricevuti, e Parlato ne è commissario straordinario. A Catania, invece, non pare che i ritmi siano gli stessi. La rimodulazione del piano di rientro, approvata a fine settembre, è ancora ferma al palo dei controlli del ministero, che dovranno decidere se approvarla oppure no. Poi passerà alla Corte dei conti. Ma di scadenze in questo senso ancora non ce n’è.
Nel frattempo, in Consiglio comunale si discutono delibere che riguardano le sue materie ma sulle quali lui non è presente per rispondere. «Sarà capitato al massimo un paio di volte – replica – In una delle quali si sarebbe dovuto procedere al voto, quindi non era previsto che io potessi intervenire. E in altre occasioni ero rimasto bloccato da impegni, pure istituzionali, che si sono presentati all’improvviso». A chi gli chiede, quindi, perché sia stato tacciato più volte di disertare l’aula consiliare lui risponde, sereno: «Non ho disertato niente, che c’è da replicare?», sorride. La sera dell’1 febbraio, però, quando ci sarebbe stato da votare per la rottamazione delle cartelle esattoriali – e i gruppi consiliari legati al sindaco non si sono presentati in aula, facendo mancare il numero legale – la sua poltrona è rimasta vuota. «È stato un vero peccato che la delibera non sia passata – ammette – Si sarebbe potuto lavorare molto bene, si sarebbero aperte un ventaglio di possibilità. Ma si tenterà di capire se si può fare qualcosa». Lui, del resto, rimarrà consulente a titolo gratuito del primo cittadino sui conti di Palazzo degli elefanti.
Il «qualcosa» in questione è la richiesta che il sindaco Bianco, in qualità di presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, ha formulato al governo: prorogare la scadenza fino al 31 marzo «perché moltissimi Comuni, e tra questi Catania, non hanno fatto in tempo a provvedere». Tacendo, però, che se gli eletti dei suoi gruppi si fossero presentati a Palazzo degli elefanti, quella sera (mentre il sindaco presenziava al programma televisivo Faccia a faccia), il capoluogo etneo si sarebbe potuto scomputare, almeno in questo caso, dalla lista dei ritardatari. «Vedremo cosa riusciremo a fare – aggiunge Parlato – Ma di lavoro ce n’è tanto». E annuncia: «Stiamo predisponendo i documenti per il bilancio di previsione 2017. Se tutto va bene, sarà pronto entro febbraio». Un record per l’amministrazione che ha votato a dicembre dello scorso anno quello del 2016 e che, per la seconda volta in meno di cinque mesi, si trova a fronteggiare il valzer attorno alla sedia che scotta più di tutte.
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