Una giornata di ritiro a Pergusa, alle porte di Enna, per discutere la nuova bozza di bilancio che martedì prossimo sarà trasmessa all’Assemblea per essere esaminata a partire dalle commissioni di merito. Con un paio di settimane di ritardo rispetto alla data del 3 febbraio annunciata dal vicepresidente Gaetano Armao in Aula, nella seduta in cui è stato approvato l’esercizio provvisorio, la lunga sessione di bilancio prenderà dunque il via. Appuntamento fissato per domenica mattina, quando Nello Musumeci ha convocato i suoi assessori per una giornata di confronto sulla prossima manovra finanziaria della Regione.
Si tratta di un ritiro che fa seguito alla giunta-fiume di giovedì sera a Palazzo d’Orleans, in cui si è iniziato a discutere di bilancio, ma insufficiente per entrare nel dettaglio di tutti i capitoli per singolo assessorato. Si tratterà verosimilmente, assicurano fonti vicine alla giunta, di un bilancio ingessato anche alla luce della scure della Corte dei Conti e del piano di rientro che Roma, a fine dicembre, ha concesso alla Regione con un decreto del Consiglio dei Ministri in cui si dava il via alla dilazione in dieci anni per il disavanzo certificato dalla magistratura contabile.
Ma in quello stesso decreto Palazzo Chigi subordinava il tutto a un accordo Stato-Regione da siglare entro 90 giorni dal decreto (50 dei quali sono già trascorsi) e che contenesse gli impegni della Sicilia per ridurre la spesa regionale.
Poco o nulla si conosce ancora dell’accordo, ma pare che un principio di interlocuzione ci sia già stato. E se dalle parti della giunta le bocche sono cucite, qualcosa filtra invece da ambienti romani. Palazzo Chigi, infatti, avrebbe già avanzato, seppur informalmente, delle richieste alla Regione. Tra questa, la razionalizzazione delle società a partecipazione regionale e la riduzione del numero complessivo di aziende pubbliche. Ma anche il completamento delle procedure di messa in liquidazione degli enti superflui e una riorganizzazione generale della struttura amministrativa regionale.
Roma avrebbe inoltre chiesto alla Sicilia di operare una riduzione dei costi a partire dalla centralizzazione delle committenze, nonché una razionalizzazione degli uffici pubblici, accorpando magari alcuni dipartimenti ormai spopolati e abbattendo così il costo degli affitti per i locali di cui la Regione non è proprietaria. Al momento però si tratta soltanto di sollecitazioni informali. Alle quali, da quanto filtra da ambienti vicini al governo centrale, Palazzo d’Orleans non avrebbe ancora replicato inviando una prima bozza di proposta su cui lavorare di concerto.
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