Bilanci gonfiati, ecco tutte le accuse della procura False attestazioni sul rispetto del Patto di stabilità

Previsioni economico-finanziarie gonfiate. È essenzialmente con queste due parole che può sintetizzarsi l’inchiesta della procura di Catania sui presunti bilanci truccati del Comune etneo. Dalla fine del 2013 al 2018, per i magistrati Fabio Regolo e Fabio Saponara, dirigenti, assessori e l’ex sindaco Enzo Bianco, in concorso tra loro, avrebbero falsificato i documenti di programmazione economico-finanziaria di Palazzo degli elefanti con l’obiettivo di farli quadrare. Un’accusa che si lega strettamente al dissesto del municipio, dichiarato dalla Corte dei conti a metà 2018 dopo una lunga serie di avvertimenti rivolti agli amministratori catanesi. Nell’elenco degli indagati ci sono quasi tutte le persone che, durante la scorsa amministrazione, hanno ricoperto posizioni apicali nei palazzi (degli Elefanti e dei Chierici, di piazza Duomo).

Bilancio di previsione 2013
Gli indagati sono l’ex sindaco Enzo Bianco, gli assessori Luigi Bosco, Rosario D’Agata, Fiorentino Trojano, Giuseppe Girlando, Orazio Licandro, Angela Mazzola, Salvo Di Salvo e Marco Consoli per gli organi di indirizzo politico. Poi i dirigenti Pietro Belfiore, Salvatore Nicotra, Alessandro Mangani, Alfredo Greco e Orazio Palmeri, e il ragioniere generale Ettore De Salvo. Ci sono inoltre i componenti del collegio dei revisori dei conti: Fabio Sciuto, Natale Strano e Calogero Cittadino (noto come Carlo). 

Il 23 dicembre 2013, il Consiglio comunale approva il bilancio di previsione dello stesso anno. Un mese prima, il 26 novembre, il documento era stato votato dalla giunta e il 13 dicembre il collegio dei revisori dei conti aveva espresso parere favorevole. Per l’accusa, le previsioni di entrate di quell’anno erano «dolosamente sovrastimate», mentre le spese erano state riviste al ribasso. O meglio, per usare le parole dei magistrati, «scientemente sottostimate». Del resto, un documento previsionale votato alla fine dell’anno dovrebbe somigliare di più a un consuntivo.

Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati sono finiti i diritti per il servizio delle pubbliche affissioni, i proventi dei parcheggi Sostare, della piscina comunale di Nesima, delle multe elevate dalla polizia municipale e delle alienazioni dei beni immobili. Nel caso della piscina di Nesima, peraltro, il dirigente comunale (Alfredo Greco) aveva fatto protocollare una nota con la quale spiegava che, data l’intenzione dell’amministrazione di affidare a terzi l’impianto sportivo, non era possibile prevedere le entrate per quel capitolo di bilancio. Nonostante l’obiezione, però, viene indicata una previsione di 377mila euro: il Comune ne incasserà poco meno di 150mila

C’è poi il tema delle affissioni: per altre vicende sempre legate allo stesso settore, Pietro Belfiore è sotto processo con l’accusa di abuso d’ufficio. Nel bilancio di previsione 2013 avrebbe immaginato 140mila euro di entrate dai diritti per la cartellonistica, mentre quell’anno a Catania ne sono stati accertati 47mila e spicci. Ultimo citato è il caso della vendita degli immobili comunali, argomento più volte finito al centro dell’attenzione mediatica: di palazzi il Comune ne ha venduti pochi e a buon mercato. Impossibile, quindi, giustificare previsioni per quattro milioni di euro, considerata anche la «cronica crisi del mercato immobiliare».

A tutto questo l’accusa aggiunge le responsabilità politiche dell’approvazione del bilancio da parte della giunta e quelle dei revisori dei conti. In particolare questi ultimi per avere espresso parere favorevole al previsionale, «nonostante essi stessi avessero affermato che la mancata acquisizione dell’inventario dei beni mobili avrebbe inficiato la possibilità di effettuare una attestazione veridica». Ai tre consulenti contabili viene contestata anche l’omissione di «ogni esame critico» rispetto al documento che stavano valutando, tanto da essersi smentiti da soli sui debiti fuori bilancio: attestati nella relazione, ma assenti nel previsionale.

Bilanci di previsione 2014 e 2015
Gli indagati sono il ragioniere generale Ettore De Salvo, i dirigenti Francesco Gullotta e Pietro Belfiore (per il solo previsionale 2014), l’ex sindaco e la giunta (con le aggiunte di Valentina Scialfa e Angelo Villari per il 2015) e i revisori dei conti. Come per l’anno precedente, i previsionali del 2014 e del 2015 vengono approvati alla fine dello stesso anno. Dovrebbero prevedere, insomma, entrate e uscite già avvenute. Così spuntano diversi milioni di scollamento tra le previsioni degli incassi Tosap e Tarsu (adesso Tari). A carico di ex primo cittadino e assessori, poi, spuntano le risorse stanziate per i rapporti con le società partecipate Amt e Catania Multiservizi, «con somme intenzionalmente ripartite su una serie indefinita di capitoli di spesa».

Bilanci di previsione 2016, 2017 e 2018
Tra gli indagati restano i componenti della giunta (Girlando e Mazzola sostituiti da Salvo Andò e Agatino Lombardo nel 2017; Fortunato Parisi subentra ad Angelo Villari nel 2018), ma cambiano i revisori dei conti, i dirigenti (nel 2017 viene coinvolto Maurizio Trainiti) e il ragioniere generale. Quest’ultimo diventa Massimo Rosso (fedelissimo di Enzo Bianco e protagonista di un patteggiamento di pena per l’inchiesta Garbage affair), mentre i revisori sono: Fabio Sciuto, Francesco Battaglia e Massimiliano Lo Certo

In quest’anno le cose si complicano: restano gli estremi ritardi nell’approvazione del bilancio di previsione (quello del 2016 viene votato in aula consiliare a dicembre dello stesso anno), e si aggiunge il documento unico di programmazione con «previsioni di entrata non fondate, del tutto incoerenti e spropositate rispetto ai dati delle annualità precedenti (tra cui «previsioni relative a fitti reali di fabbricati diversi […] e alienazione della rete del gas»). Ai nuovi revisori dei conti, inoltre, viene contestato l’avere espresso parere favorevole al bilancio «nonostante fossero a conoscenza, per averle espressamente indicate, di gravi irregolarità di gestione». Gli scollamenti, tra quanto si prevedeva di incassare a vario titolo e quanto effettivamente incassato, sommano milioni su milioni, nonostante la capacità di riscossione del Comune di Catania rimanga praticamente nulla.

Conti consuntivi dal 2013 al 2017
Il consuntivo ha la finalità di fornire una rappresentazione «veritiera del risultato di gestione». Anche questi avrebbero subito falsificazioni: dove, per i magistrati, c’erano crediti non più o difficilmente esigibili, gli uffici li avrebbero comunque mantenuti. Pur di ridurre, secondo l’accusa, il disavanzo. Sul consuntivo 2017 entra in gioco Clara Leonardi, diventata ragioniera generale dopo l’interdizione di Massimo Rosso, a marzo 2018, e quindi dopo la fine dell’anno del quale ha firmato il consuntivo come direttrice dell’ufficio Ragioneria del Comune. Uguale il caso, ma con ruolo diverso, di Stefano Sorbino, sostituto di Pietro Belfiore al comando della polizia municipale. 

Il piano di rientro e il patto di stabilità
Tra gli indagati figurano anche Maurizio Lanza (attuale direttore generale dell’Asp di Catania) e Giorgio Santonocito (anche lui manager a lungo prestato alla sanità). A febbraio 2013 erano rispettivamente direttore e ragioniere generale del Comune di Catania: in quei giorni viene approvato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale del municipio: a loro viene attribuita la «falsa attestazione di previsioni di ripiano della massa debitoria successivamente rivelatesi inadeguate e severamente censurate dalla Corte dei conti». 

Altra faccenda, invece, è il rispetto del patto di stabilità. Cioè quella norma di legge che prevede che i Comuni si impegnino a migliorare la propria gestione, pena l’applicazione di misure sanzionatorie. Per l’accusa, l’allora sindaco e i ragionieri e revisori che si sono susseguiti avrebbero falsamente attestato il rispetto del patto con lo Stato, «pur essendo a conoscenza del carattere meramente apparente di tale risultato». E questo per gli anni dal 2013 al 2015. Per dirla più semplicemente: il Comune, per evitare le sanzioni, avrebbe sostenuto falsamente, di fronte al ministero dell’Economia e delle finanze, che tutto era in regola. 

Luisa Santangelo

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