Siamo in un’epoca in cui i campionati di A, B e C non iniziano mai puntuali a causa dei diritti TV che inevitabilmente scatenano conflitti all’interno della Lega, tra i presidenti delle rispettive squadre e (come è successo nella passata stagione) tra le stesse emittenti televisive.

Siamo in un’epoca in cui, secondo una recente statistica, gli stipendi annui dei singoli giocatori si aggirano intorno ai novecentomila euro: ovviamente fanno eccezione le squadre dei cosiddetti paperoni che però, nonostante la nomea, negli ultimi anni hanno applicato una politica oculata, con attenzione particolare al bilancio, pensandoci due volte prima di lasciarsi andare a quella che viene definita “follia estiva”.

Siamo in un’epoca in cui il passaggio al turno successivo nelle competizioni europee è salutato con entusiasmo per le somme che saranno versate nelle casse della società più che per il significato stesso dell’impresa sportiva.

Siamo in un’epoca in cui nel mondo del calcio i soldi hanno un peso più che rilevante e un acquisto sbagliato può influire pesantemente nel bilancio a fine stagione.

Ecco perché sempre più raramente due società si accordano per l’acquisto (o la cessione, a seconda dei punti di vista) di un giocatore ed ecco perché sempre più spesso si parla di plusvalenze, comproprietà, prestiti annuali e ingaggi di giocatori a parametro zero o in scadenza di contratto; e spesso i presidenti investono piccole somme in giocatori sconosciuti, provenienti da squadre per lo più sudamericane, sperando che riescano bene per rivenderli a prezzi lievitati.

Ma proprio queste tecniche d’acquisto votate al risparmio fanno sì che il pericolo bidone sia più incombente che mai: sì, proprio lui, quello che la stampa saluta come il nuovo profeta del calcio e che inevitabilmente si rivela, appunto, il “bidone”, noto anche come “ciofeca” o come “sola”, destinato a scomparire senza lasciar traccia nel giro di una o due stagioni.

Qualcuno, a dire la verità la traccia l’ha lasciata eccome: è il caso di Vratislav Gresko, fortemente voluto da mister Tardelli e accolto alla Pinetina e dai tifosi come il difensore di fascia sinistra che nella Milano nerazzurra mancava dai tempi di Roberto Carlos. L’epilogo, in questo caso datato Cinque Maggio, è noto a tutti: nerazzurri “percossi e attoniti” e bianconeri in festa.

C’è poi un tale Donnet, una stagione a Venezia, rispedito in patria senza rimpianti e noto più ai tifosi rossoneri che a quelli lagunari: segnò infatti il gol del momentaneo 1-1 nella finale di Coppa Intercontinentale del 2003, quella persa dal Milan ai rigori contro il Boca Juniors.

Analoga sorte per Leonardo Talamonti: il presidente biancoceleste Lotito lo presentò come uno dei migliori acquisti che un presidente potesse fare. L’intento era di dimostrare che non bisogna spendere miliardi per assicurarsi ottimi giocatori (frecciatina a Moratti e a Berlusconi?). Fatto sta che rimase in Italia una stagione, qualche presenza e un gol (l’unico in serie A) contro l’Inter.

Sempre i laziali hanno avuto l’opportunità di ammirare le prestazioni di Juan Pablo Sorin, Lucas Castroman e Gaizka Mendieta: il primo, vecchia conoscenza del calcio italiano (aveva militato nelle fila della Juve negli anni Novanta) ci ha riprovato, coi biancocelesti appunto, ma con risultati non proprio invidiabili; il secondo, dopo aver ben impressionato con qualche giocata degna di nota è finito prima in panchina poi all’Udinese (anche qui in panchina); il terzo, acquistato dal Valencia delle meraviglie (quello che per due anni di fila aveva sfiorato la conquista della Champions League), fu girato in Spagna, un po’ per lo scarso rendimento, un po’ per i problemi finanziari dovuti alla gestione Cragnotti.

Anche il Palermo non è stato esente da bidoni: uno di questi è Ernesto Farias, oltre 100 gol nel campionato argentino, 0 in quello italiano. Il presidente Zamparini così commentò le sue (poche, a dir la verità) apparizioni: “non comprerò mai più un giocatore visto in videocassetta”; un altro è Lamberto Zauli: detto “lo Zidane del Triveneto” ai tempi del Vicenza e ribattezzato “lo Zidane della Trinacria” al suo approdo in rosanero, milita ora in serie B.

Al galà delle “sole” non manca il Siena: acquistò dal Chelsea tale Tore Andrè Flo, il biondo spilungone giunto per risorgere ma che riuscì a dimostrare solo che il viale del tramonto era ormai irrimediabilmente intrapreso, così come per il suo collega di reparto, anche lui bianconero ma friulano, Carsten Janker.

Anche a Parma almeno un bidone è stato accertato: Ariel Ortega, numero 10 col vizio di alzare un po’ il gomito, ma non nei contrasti aerei.

Anche le grandi fanno la loro parte: l’Inter, oltre al già citato (anche in giudizio credo, i tifosi avranno preteso un risarcimento…) Gresko, ha schierato Vampeta, Sorondo, Vivas, Brechet ed Eriberto (poi ribattezzato Luciano).

E i cugini non sono da meno: Laursen, che tutti ricorderanno per la ricerca delle lenti a contatto a bordo panchina, Vogel (qualche sparuta apparizione in Coppa Italia e qualche scampolo di partita in Campionato), Tomasson che, acquistato dal Feyenoord, fresco vincitore della Uefa, prima di essere ceduto allo Stoccarda del Trap, è stato autore di qualche rete: la più importante quella nei quarti della Champions 2002/2003 ai danni dell’Ajax a pochi secondi dallo scadere; peccato che il tocco del danese, a meno di venti centimetri dalla linea di porta, serviva solo per gli almanacchi, visto che il pallone, calciato da Inzaghi, era destinato comunque in rete.

Chiudiamo la rassegna con la Juventus: Esnaider (dalla Spagna per ovviare all’assenza di Del Piero, destinato a una lunga convalescenza), Blanchard, Henry (fuoriclasse al Monaco, altrettanto all’Arsenal, ma fallimentare alla corte di Ancelotti) e Van der Sar (vincitore della Coppa dei Campioni ai danni del Milan, fu ospite fisso alla serie Vai col liscio di Mai dire gol) sono quelli che più facilmente si ricordano.

Ma la lista, come è facile intuire, sarebbe infinita e un articolo non basterebbe. Per questo i lettori potranno ampliarla con i commenti all’articolo. Chissà che non si scopra che fine ha fatto la maggior parte dei bidoni e dove giocano Donnet e Brechet.

Michele Agresta

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