Beppe Grillo finito? Non vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso…

“Now his Five Stars Moviment’s bubble appears to have burst”, scrive Micheal Day, del quotidiano inglese The Indipendent, riferendosi al non brillante risultato elettorale conseguito alle recenti amministrative dalla compagine di Beppe Grillo. Al quale risponderemmo col vecchio proverbio: “Non vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso”, che è quanto mai attuale come invito a non avventurarsi in analisi affrettate.

Crediamo che sia da considerare errato pensare, avendo presente il recente voto, che il Movimento 5 Stelle sia ormai finito. E’ chiaro infatti come non sia facile comparare due espressioni di voto così diverse come lo sono quella per le nazionali e quella per le elezioni locali. Tuttavia, anche se pensiamo che l’onda lunga del fenomeno Beppe Grillo continuerà ancora per qualche anno, qualche considerazione ci azzardiamo a farla proprio tenendo conto del consenso che lo stesso ha ottenuto nell’attuale competizione amministrativa.

Diciamo subito che il Movimento 5 Stelle, finora, ha catturato il voto di protesta. Un voto di pancia e, sicuramente, dettato da sentimenti irrazionali. Le parole forti, e spesso dissacranti, usate da Grillo hanno infatti colpito l’immaginario collettivo di un elettorato arrabbiato che aveva perso fiducia, se mai prima l’aveva mai avuta, nella sua classe dirigente. Un elettorato che, anche attraverso quel voto, voleva dare una risposta significativa a chi, partiti o leader, non riusciva a offrire prospettive credibili in un contesto estremamente difficile.

Quel voto, in poche parole, era figlio della mancanza di sintonia fra ceto politico ed elettorato. Ma quello stesso voto, pur unificato dalla protesta, e questo dato viene trascurato, non risulta che fosse omogeneo. Una parte di esso era, infatti, dettato da irrazionalità pura, mentre un’altra parte, forse la più consistente, pur animata dagli stessi sentimenti di rancore, aggiungeva alla stessa la speranza di un nuovo corso. In sintesi, avrebbe voluto dare uno schiaffo per rigenerare la politica.

Proprio questa parte dell’elettorato di Grillo – cioè la parte che avrebbe voluto una rigenerazione della politica – si è sentita un po’ delusa. A nostro modo di vedere, questo elettorato non ha “tradito” Grillo: lo virgolettiamo perché crediamo che non di tradimento si tratti, ma solo di razionale resipiscenza. Il Movimento 5 Stelle, insomma, è stato abbandonato da una parte dell’elettorato che si sente profondamente insoddisfatto sia della qualità della rappresentanza, sia delle scelte che lo stesso Movimento ha fatto in questi passaggi decisivi della nuova legislatura.

Questo elettorato, che ragiona con la propria testa, ha compreso, infatti, che, al di là dei dictat e delle pagliacciate del comico, quella rappresentanza non avrebbe potuto garantire qualcosa di meglio di quanto già contestava e che quella presenza, in poche parole, non portava da nessuna parte. Basta leggere i risultati odierni per accorgersi che quell’elettorato, deluso, ha preferito rifugiarsi nell’area grigia del “non voto”.

Resta la parte irrazionale che, nel nostro Paese, c’è sempre stata, salvo oggi ad assumere una consistenza più ampia, un’area di dissenso che dovrebbe preoccupare un po’ tutti.

Non si riesce , dunque, a comprendere il fatto che analisti e forze politiche continuino a battere il tasto solo sulla irreversibile parabola discendente del Movimento 5 Stelle senza guardare più a fondo le cose. E cioè che tutte le condizioni che hanno portato allo straordinario voto per il rinnovo delle Camere continuano a persistere e, perfino, in qualche caso si sono aggravate.

L’astensionismo dilagante dimostra che il distacco fra ceto politico ed elettorato si è ancor di più allargato. Basterebbe fare un poco di attenzione a tutto questo per mettere un responsabile freno a certo trionfalismo che in questi giorni mi pare serpeggiare nelle segreteria dei partiti tradizionali.

Pasquale Hamel

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