Beni confiscati, presentato il regolamento Ma il sindaco Bianco non accetta le domande

Sono bastate quattro domande in conferenza stampa per far sbottare il sindaco Enzo Bianco. Mentre a Palazzo degli elefanti, stamattina, il primo cittadino raccontava il suo impegno per l’approvazione del regolamento per l’affidamento dei beni confiscati alla criminalità organizzata – approvazione avvenuta qualche giorno fa col voto unanime dei 26 consiglieri che hanno preso parte al Consiglio comunale – Giovanni Caruso del centro Gapa di San Cristoforo aspettava il momento per prendere la parola. Quando, dopo lunghi ringraziamenti, l’assessore alla Legalità Saro D’Agata chiede «Ci sono domande?», Caruso alza la mano: «Io», risponde. «Quali saranno i rapporti tra il Comune e l’Agenzia per i beni confiscati? – inizia – Come saranno ristrutturati e resi fruibili gli edifici confiscati che versano in condizioni di degrado? Potranno richiederli anche reti di associazioni, o la richiesta dovrà arrivare necessariamente dai singoli? Nella commissione che valuterà a chi affidare le strutture saranno ammesse, a mo’ di consulta, le associazioni attualmente in attività?». «Questa è la sede per presentare il regolamento, non per avanzare richieste», replica Bianco, piccato. «Ho solo fatto delle domande» «Mi faccia finire di parlare, io con lei sono stato educato» «Anche io sono stato educato». A chiudere il siparietto ci pensa il sindaco, alzando la voce: «Basta così», taglia corto e, dopo poche altre parole, chiude l’incontro coi giornalisti.

– Scarica il regolamento integrale per l’affidamento dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

In realtà, già a gennaio il Gapa di via Cordai aveva organizzato un piccolo presidio in piazza Duomo: «Noi vogliamo che il Comune di Catania faccia pressione sull’agenzia nazionale per entrare nella piena disponibilità dei beni confiscati», aveva detto Caruso in quell’occasione. E da allora, nonostante lettere e solleciti inviati alla segreteria di Bianco, «non siamo mai stati ricevuti dal sindaco, cosa che invece avremmo gradito», rincara oggi la dose. «Per verità di cronaca, dobbiamo dire che dalla giunta qualcuno ci ha cercati: l’assessore Saro D’Agata lo abbiamo sentito più volte, ma sempre in via informale».

La preoccupazione del Gapa («Lo preciso – dice Giovanni Caruso – noi andiamo avanti da 15 anni senza nessun bene, continueremo a fare così») deriva dal timore che l’idea originale, proposta dall’associazione antimafia Libera e sostenuta da Cgil e Confcooperative, fosse stata snaturata. E che emendamenti e revisioni avessero reso il regolamento per l’assegnazione inefficace. Ma, dicono alcune delle associazioni coinvolte, così non è.

Il documento approvato dal Consiglio comunale decreta che i beni confiscati dovranno essere «un’opportunità di sviluppo e di lavoro, con l’obiettivo di creare centri e luoghi di aggregazione per contrastare il disagio sociale». L’elenco delle strutture attualmente disponibili ne conta 27, tutte già affidate. «Ma un dialogo più serrato con l’Agenzia per i beni confiscati ci aiuterà ad aggiungerne delle altre», garantisce l’assessore D’Agata. Ognuna di queste sarà affidata tramite un bando pubblico e, «in caso di richieste avanzate da più soggetti», una Commissione interna – formata dai dirigenti comunali degli uffici del Patrimonio e dei Servizi sociali, e da un esperto nominato dal sindaco – individuerà l’aggiudicatario «sulla base di una valutazione comparativa delle ipotesi progettuali presentate e sulla base della attività svolte e adeguatamente documentate». Secondo quanto stabilito dal regolamento, tra i criteri per l’assegnazione peserà anche «l’eventuale esperienza maturata nella attività sociali o comunque consolidata nel campo del sociale e del volontariato». Inoltre, potranno essere concessi beni anche a consorzi di più enti e associazioni.

Tutte le strutture confiscate saranno affidate per un periodo non inferiore a sei anni e non superiore ai dieci, al fine di garantire «la possibilità di avvicendamento degli enti nel godimento dei beni». E per permettere alle associazioni che li avranno in concessione di effettuare i lavori di ristrutturazione ordinari e straordinari, che saranno a loro carico. «Il Comune non avrebbe i fondi e temo che altrettanto si verificherebbe per la maggior parte delle associazioni – si difende Bianco – Ma abbiamo ottenuto che il ministero delle Infrastrutture destinasse un fondo del valore di 18 milioni di euro per la ristrutturazione dei beni confiscati, al quale si potrà attingere». Poca cosa, ammette il primo cittadino, «ma qualcosa».

Luisa Santangelo

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