Un momento «simbolico che serve anche per valorizzare aziende come questa». Sono le parole che utilizza il presidente della commissione regionale antimafia Claudio Fava per aprire la visita ufficiale all’interno della Geotrans, la società di trasporto su gomma un tempo fiore all’occhiello di Enzo Ercolano, figlio del defunto capomafia Pippo. L’imprenditore è in carcere dal 2013 dopo il blitz Caronte, poiché considerato «uomo dall’elevatissimo spessore criminale». Dopo una condanna in primo grado a 15 anni, adesso affronta il secondo round giudiziario in corte d’Appello.
La Geotrans, dal 2014, è passata in mano allo Stato con un provvedimento di confisca poi diventato definitivo. Nonostante le tante difficoltà, l’azienda è uno dei pochi modelli virtuosi in tema di beni confiscati alla mafia. L’ultimo capitolo di questa storia lo hanno scritto dieci dipendenti che, a inizio febbraio scorso, si sono costituiti in cooperativa per mettersi in prima linea per gestire la realtà. «Questa vicenda dimostra che la confisca non è solo un atto sanzionatorio – spiega Claudio Fava – ma può servire anche per restituire un bene alla collettività».
Insieme a Fava ci sono altri deputati regionali, tutti appartenenti alla commissione regionale. Impegnati in un’inchiesta proprio sulla gestione dei patrimoni sottratti ai clan. Immobili e aziende che, nella maggior parte dei casi, chiudono i battenti quando al proprietario mafioso subentrano gli amministratori giudiziari: «Serve una risposta di sistema – aggiunge Fava – compresi gli enti locali e la Regione Siciliana che è totalmente assente nel rapporto con le aziende». Al momento, giusto per fare un esempio concreto, tra i clienti di Geotrans non c’è nessun ente pubblico.
Ma cosa si aspetta Fava dalla fine di queste audizioni, cominciate a metà maggio? «L’obiettivo – spiega – è capire perché le cose non hanno funzionato, con quali colpe e per privilegiare chi». Un sistema complesso che riguarda anche la scelta degli amministratori giudiziari. «In passato abbiamo avuto professionisti che hanno gestito malissimo questi beni», continua Fava. Negativa anche la valutazione sull’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. «Per lungo tempo, è stata considerata un feudo elettorale».
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