Nel giorno delle sue dimissioni è stato eletto il sindaco meno amato d’Italia e adesso si appresta a diventare il dipendente dell’Agenzia nazionale per i Beni confiscati alle mafie più contestato. È l’ex primo cittadino di Palermo, Diego Cammarata, la cui assunzione nel dipartimento che si occupa del delicato settore non è stata digerita tanto dall’ambiente politico (da Leoluca Orlando al Movimento 5 stelle passando per Pd e e Cgil) quanto da chi si trova in prima linea. A far levare le voci contrarie alla sua nomina è principalmente la condanna in primo grado a tre anni di reclusione che il tribunale di Palermo, lo scorso aprile, ha inflitto all’ex sindaco per le accuse di abuso d’ufficio e falso per avere utilizzato il dipendente di una partecipata comunale come skipper personale. Un’indagine che lo aveva spinto nel gennaio 2012 a concludere prima della scadenza il secondo mandato consecutivo alla guida del capoluogo palermitano, nello stesso giorno in cui l’annuale classifica de Il sole 24 ore lo metteva all’ultimo posto nella classifica di gradimento dei sindaci italiani.
L’ex primo cittadino ha iniziato oggi il nuovo incarico; ad accettare la richiesta è stato lo stesso direttore dell’Agenzia, Giuseppe Caruso, che ha difeso la propria scelta: «Ho accolto la domanda di Cammarata come avrei fatto per qualsiasi dipendente della pubblica amministrazione – ha spiegato – Siamo in grave carenza di organico, come ho detto più volte. Qui nessuno vuole venire perché non ci sono incentivi economici o di carriera, quindi la domanda di Cammarata è stata ben accetta. Inoltre, tutti gli oneri sono a carico dell’amministrazione di provenienza, quindi per noi è un’operazione a costo zero».
Solo 30 i dipendenti, quindi ben vengano due braccia in più, soprattutto se gratis. Ma non la pensano così gli ex dipendenti di un’azienda simbolo del fallimento dell’azione dell’Agenzia, quelli della Riela group. «Anche se si tratta di un’assunzione a costo zero, non credo si tratti della persona più adatta a quel compito visti i suoi trascorsi», spiega a nome dei colleghi uno degli ex lavoratori, Maurizio Marino. L’azienda è stata confiscata alla famiglia Riela nel 1999 perché i fondatori sono accusati di aver monopolizzato il settore del trasporto su gomma grazie all’affiliazione al clan Santapaola. Ma anche dopo l’esproprio i vecchi proprietari sono riusciti a controllare dal carcere l’azienda attraverso un consorzio formato da parenti e persone a loro vicine, come stabilito da una sentenza del tribunale di Catania. «Non abbiamo un buon rapporto con l’Agenzia», continua il portavoce degli ex lavoratori che lamenta un’assenza di dialogo con l’ente. Principale debitore della ditta era proprio il consorzio incriminato, ma nonostante sia stata accertata la provenienza irregolare dei passivi, l’Agenzia ha messo ugualmente in liquidazione l’azienda. Nel luglio 2012 sono stati licenziati in dieci, «adesso rimangono solo due dipendenti, ma non sappiamo fino a quando».
Adesso il nuovo membro dell’ente «non viene visto favorevolmente» da quanti hanno provato strenuamente a tenere in vita la Riela group. E anche l’operato dell’Agenzia delude ancora una volta i dipendenti: «A giugno, nel corso di un tavolo in prefettura, abbiamo presentato un nuovo progetto tramite la Cgil», afferma Marino. «Ci hanno sempre detto che siamo ormai fuori dal mercato, ma il nostro è un piano a costo zero». Riutilizzare le risorse ferme nei capannoni sequestrati, sfruttando la manodopera che in questi anni ha dimostrato attaccamento all’azienda. «In questi mesi non ci hanno dato alcuna risposta». Chissà se i dipendenti Riela verranno chiamati dall’impiegato Diego Cammarata.
[Foto di Forum PA]
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