Bemporad, l’astrofisico espulso dal fascismo A Catania si occupava della Carte du ciel

Azeglio Bemporad guardava le stelle, le studiava, ne calcolava le distanze. Era un astrofisico toscano che all’inizio del ‘900 arrivò all’Osservatorio astrofisico di Catania, all’epoca anche di carattere geofisico e vulcanologico. Un’eccellenza nel panorama italiano, che fu scelta, insieme ad un’altra ventina di osservatori, per partecipare al progetto internazionale della Carte du ciel: disegnare una nuova mappa della volta celeste. Impresa che il direttore di allora – siamo nel 1904 – Annibale Riccò affidò a Bemporad, in quegli anni semplice assistente, e a cui l’astrofisico toscano dedicò tutta la vita. Fino a quando il regime fascista, con le leggi razziali del 1938, non lo mise ai margini. Rimosso dal suo incarico perché di origine ebraica. Dal carteggio conservato negli archivi dell’Osservatorio di Catania, e pazientemente portato alla luce dalla dottoressa Angela Mangano, emergono i telegrammi e le lettere di quella vergognosa epurazione che colpì tutti i dipendenti. «Prego comunicare al professor Bemporad di aver affidato al professor Favaro la conclusione del catalogo. Necessario che Bemporad lasci liberi alloggio da lui occupato nella sede dell’Osservatorio». Il telegramma che sancisce l’allontanamento definitivo dell’astrofisico toscano porta la firma del ministro per l’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai ed è datato 15 dicembre 1938, quattro mesi dopo la richiesta di censimento dei dipendenti di origine ebraica, avvenuta in concomitanza con la pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti e la successiva promulgazione delle leggi razziali.

Quando Bemporad giunse a Catania, nel 1904, l’Osservatorio si trovava in piazza Vaccarini. «Una zona della città dove si concentrava lo studio e la ricerca – racconta Angela Mangano, responsabile della biblioteca dell’Archivio storico dell’Osservatorio – Bemporad aveva già una certa fama e, pur essendo un semplice assistente, gli fu affidato il ruolo di direttore dell’ufficio dei calcoli nel progetto internazionale della Carte du ciel». Nato a Siena e formatosi in Germania, a Potsdam e Heidelberg, Bemporad chiuse la sua prima parentesi catanese nel 1912, per trasferirsi all’Osservatorio di Capodimonte, dove divenne direttore. Ma, anche a distanza, curava il progetto di mappatura del cielo e non interruppe mai i rapporto con i colleghi siciliani. Nel 1933 fu lo stesso regime fascista, che cinque anni dopo lo avrebbe allontanato, a nominarlo direttore dell’Osservatorio di Catania.

Osservatorio di Catania, 1908 – Azeglio Bemporad è il terzo da sinistra seduto

«I primi anni non furono difficili – spiega Mangano – in archivio abbiamo molte sue pubblicazioni, ma poca corrispondenza con il ministero. I telegrammi si moltiplicano invece a partire dal 1938. Circolari, raccomandazioni, non per fini scientifici, quanto piuttosto disposizioni su come dovevano comportarsi i dipendenti: abolizione del lei, obbligo del saluto romano, rapporti con i superiori. Bemporad non si opponeva e si mostrava anzi ossequioso nei confronti del regime». Fino a quando una circolare dell’agosto del 1938 chiede «il censimento del personale di razza ebraica». Sei mesi dopo, il regime fascista gli revoca l’incarico, nominando nuovo direttore Luigi Taffara e affidando l’ultimazione del catalogo astrofotografico a Giuseppe Alessandro Favaro.

«Fu un colpo tremendo vedersi strappare di mano il Catalogo – sottolinea Mangano – che era stato il suo appassionato e costante lavoro di tutta la vita e di cui, a livello internazionale, gli erano stati riconosciuti i meriti. Infatti, durante il congresso dell’Unione Astronomica Internazionale tenutosi a Parigi nel 1935, vi era stato un plauso ufficiale per l’avanzato stato dei lavori di calcolo e pubblicazione dei volumi della zona di Catania, rispetto agli altri osservatori».

Bemporad resta a Catania, dove nel 1943, con la caduta del regime, torna al suo posto di direttore dell’Osservatorio. Ma la sua vita è segnata da lutti e sofferenze: la moglie muore per una grave malattia e la sua casa viene distrutta durante un bombardamento. Si spegne appena due anni dopo, l’11 febbraio del 1945.

Salvo Catalano

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