Sono stati rinviati a giudizio Carmelo Aldo Navarria, Gianluca Presti, Francesco Carmeci, Stefano Prezzavento e Gaetano Doria, accusati dell’omicidio dell’imprenditore paternese Fortunato Renato Caponnetto, ammazzato l’8 aprile del 2015 all’interno della villetta di Navarria, in via Grecia a Belpasso. Il braccio destro di Giuseppe Pulvirenti, detto U Malpassotu, conosciuto negli anni ’80 con l’appellativo di lo spazzino per la sua abilità nel far sparire i cadaveri. In aula gli imputati Doria e Carmeci, mentre Navarria, Presti e Prezzavento erano collegati in videoconferenza.
Nell’udienza che ha aperto il processo, sono state ammesse come parti civili i parenti più prossimi dell’imprenditore Caponnetto – la moglie, i figli, il padre e le tre sorelle – e anche il Comune di Belpasso. Non sono state accolte, invece, le richieste di costituzione presentate dall’associazione antimafia Alfredo Agosta e da quella antiracket Asaec. L’udienza si è svolta al’interno dell’aula Serafino Famà del tribunale di Catania dinanzi alla giudice per le indagini preliminari, Giuliana Sammartino. A rappresentare la pubblica accusa Giuseppe Sturiale, che ha accolto la richiesta del collegio difensivo degli imputati di essere giudicati con rito abbreviato.
Le indagini condotte dai carabinieri, suffragate anche dalle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di avere un primo quadro sulle dinamiche dell’omicidio dell’imprenditore di Paternò. Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, la vittima sarebbe stata «condotta all’interno di un immobile appartenente Navarria». Una volta lì, gli indagati «lo bloccavano con forza, lo legavano, lo percuotevano, lo bloccavano nuovamente dopo un tentativo di fuga e, infine, Navarria lo strangolava, provvedendo poi, unitamente ai coindagati, a far scomparire il cadavere, l’autovettura e gli effetti personali della vittima».
Il movente che avrebbe portato Navarria a uccidere l’imprenditore sarebbe legato a dei «forti rancori scaturiti dal mancato rispetto di impegni di natura economica che coinvolgevano anche alcuni esponenti del clan Santapaola-Ercolano e del clan dei Laudani». In pratica, l’omicidio sarebbe scaturito in seguito alla promessa non mantenuta da Caponnetto di assumere Navarria presso la propria azienda. L’imprenditore a lui avrebbe preferito un presunto appartenente a un’altra organizzazione mafiosa operante nel paternese. Altro aspetto che potrebbe aver avuto un ruolo nella vicenda è il licenziamento della moglie di Navarria. Uno sgarro che l’ex braccio destro del Malpassotu non avrebbe perdonato all’imprenditore.
«È la seconda volta in due anni che il Comune di Belpasso si costituisce come parte civile e viene ammesso in un processo contro la mafia – dice soddisfatto il sindaco Carlo Caputo – Azioni di questo genere, in passato, non erano mai state fatte da nessuna amministrazione precedente mentre noi – sottolinea il primo cittadino – abbiamo fatto una scelta precisa a tutela della dignità di questa città e di un territorio colpito, negli anni, dalla presenza malavitosa. È importante come messaggio – conclude – il fatto che venga riconosciuto un interesse dell’ente pubblico e, simbolicamente, di tutti i cittadini a essere rappresentati e difesi nel processo anche a dimostrazione del fatto che la legalità non è fatta di tante parole ma si costruisce, giorno dopo giorno, con azioni come queste».
La prossima udienza del processo è stata fissata per il 23 aprile e prevede la discussione del pubblico ministero e degli avvocati delle parti civili e le dichiarazioni spontanee dei collaboratori di giustizia Carmelo Aldo Navarria, Gianluca Presti e Francesco Carmeci.
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