Estorsioni a imprenditori locali, rapine ai danni di autotrasportatori e l’immancabile controllo del mercato degli stupefacenti. Era questo il core business del gruppo di Belpasso, articolazione territoriale della famiglia etnea di Cosa nostra Santapaola-Ercolano. Oltre 100 carabinieri del comando provinciale stanno eseguendo da questa mattina un provvedimento cautelare emesso dal gip, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di 15 persone ritenute appartenenti al sodalizio operante soprattutto nel Comune belpassese. L’operazione è denominata Araba fenice 3. Sono considerati responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, sequestro di persona, danneggiamento seguito da incendio e riciclaggio, con l’aggravante del metodo mafioso.
A capo del gruppo ci sarebbe Aldo Carmelo Navarria, boss scarcerato nel 2014 dopo 26 anni di reclusione per sei omicidi. Negli anni ’80 era considerato lo spazzino – nel senso che faceva sparire i cadaveri – del clan Malpassotu, braccio armato di Nitto Santapaola. Le indagini della Dda hanno permesso di ricostruire l’organico del clan, dai vertici fino ai gregari. Gli inquirenti hanno inoltre documentato l’ingente volume di affari, riscontrando «un diffuso condizionamento illecito dell’economia locale», il sistema con cui veniva gestito lo spaccio di cocaina e marijuana. Elementi di prova, infine, sarebbe stati forniti in merito a estorsioni e rapine.
Ecco i nomi degli indagati: Gaetano Doria, 47 anni, Michele La Rosa, 45 anni, Rosario La Rosa, 38 anni, Aldo Carmelo Navarria, 54 anni, Patrizia Paratore, 50 anni, Gianluca Presti, 35 anni, Mirko Presti, 29 anni, Antonio Prezzavento, 46 anni, Stefano Prezzavento, 31 anni, Carmelo Salvatore Asero, 60 anni, Simonetta Battaglia, 54 anni, Concetta Fichera, 52 anni, Claudio Grasso, 41 anni, Salvatore Leotta, 53 anni, Giuseppe Nicosia, 54 anni. Doria, Navarria, Gianluca e Mirko Presti e ancora Antonio e Stefano Prezzavento erano già detenuti. Nicosia, Leotta, Grasso, Fichera, Battaglia e Asero sono stati sottoposti alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Per gli altri è scattato l’arresto.
Navarria, Doria, Gianluca Presti e Stefano Prezzavento erano stati arrestati lo scorso 23 marzo, nell’ambito dell’inchiesta denominata Araba Fenice, perché ritenuti gli autori dell’omicidio di Fortunato Caponnetto, imprenditore agrumicolo di Paternò scomparso l’8 aprile del 2015. L’uomo, vittima di lupara bianca, sarebbe stato prima picchiato, poi strangolato con la garrota (un collare che viene stretto attorno al collo della vittima finché non muore), infine il suo cadavere sarebbe stato incendiato assieme a vecchi pneumatici.
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