«L’impianto più tecnologicamente avanzato nel settore dei rifiuti, quello meno impattante». È stata formalizzata la prima fase dell’iter che porterà alla realizzazione dell’impianto di biometano di Bellolampo. Aperte le buste, o meglio, la busta, visto che il concorrente in gara è unico: Asja, azienda forte di esperienze simili in tutta Italia. L’impianto tratterà l’umido che deriva dalla raccolta differenziata e quella parte di frazione umida che è contenuta nell’indifferenziato, che nella piattaforma di Bellolampo oggi viene trattata con l’attuale Tmb. Rispetto a dei tradizionali impianti di compostaggio aerobico, che trattano i rifiuti all’aria aperta – come appunto il Tmb – strutture come questa integrano i moduli di gestione anaerobica, al chiuso e hanno il duplice vantaggio, ambientale e produttivo, di recuperare il metano che l’organico in decomposizione produce. E non hanno emissioni atmosferiche perché recuperano la parte di esalazione del metano, mentre il resto è compost.
«È una tecnologia che non inquina, non brucia, non produce ceneri, non è una discarica, non genera scarti – dice Antonino Randazzo, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle – Avrà una portata di 150mila tonnellate, andrebbero a coprire tutta l’area metropolitana. Se verrà realizzata è un’opera che rivoluzionerà la gestione dei rifiuti a Palermo e provincia. A quel punto, davvero, converrà puntare forte sulla differenziata». I tempi di realizzazione non dovrebbero essere lunghissimi. C’è una fase autorizzativa che segue alla gara e, da lì in poi, dipende dalla tipologia di impianto, si può variare dai 18 ai 24 mesi. Inoltre c’è una modularità che consentirebbe di partire con il trattamento aerobico in attesa del completamento della fase anaerobica e dell’impianto. Quello attiene più all’allestimento dei cantieri costruttivi.
Riguardo l’azienda in pole per la realizzazione dell’impianto: «Asja già opera a Bellolampo per la questione del biogas delle discariche – continua Randazzo – Rispetto a questi impianti ne ha sviluppati di altissima tecnologia al Nord Italia». La struttura verrà realizzata interamente in progetto di finanza, sarà dunque l’azienda a manovrare l’impianto, che pure rimarrà di proprietà pubblica. Un modello che solleva punti di vista differenti rispetto alla gestione attuale della discarica. «Impianti del genere sono come delle Ferrari – prosegue il consigliere pentastellato – Non avere un’altissima qualificazione nel settore specifico del proprio personale rischia di distruggere tutto. La necessità di affidarlo in questo modo era per fare sì che tutto funzionasse. Abbiamo visto l’esempio del Tmb, che versa in condizioni pietose».
«Noi siamo e saremo sempre per il pubblico – spiega Randazzo – ma o formi il personale o assumi personale esperto, oppure rischi che quell’impianto vada al 50 per cento delle proprie potenzialità, come il Tmb oggi, che solo un reavancing totale potrebbe portare a un livello ottimale. Purtroppo si va sempre di corsa in questa città, ma andava fatto un percorso diverso, bisognava investire nella formazione del personale della Rap e nella ricerca di figure apposite dove mancavano determinate competenze. Con il nuovo impianto, se si riuscissero a sfruttare i fondi del recovery fund per ampliare il Tmb, per un sistema di ossidazione che consenta di gestire il percolato direttamente a Bellolampo, per linee di selezione dei rifiuti indifferenziati, Bellolampo diventerebbe un punto di eccellenza siciliano e per tutto il Mezzogiorno. Ma sono impianti che hanno una capacità tecnologica così elevata che servono professionalità».
«Per fare ciò, però – conclude il consigliere – bisognerebbe rinnovare la Rap, dividendo il comparto dell’impiantistica, che richiede professionalità di altissimo profilo, da quello della raccolta. Fare dell’economia circolare un punto d’eccellenza del Comune. Una nuova Rap, diciamo, sempre affidata al settore pubblico. Ma chi fa la raccolta non può gestire gli impianti, per questione di competenze e di opportunità. Quella dell’azienda di raccolta che si occupa anche degli impianti è un’anomalia tutta palermitana. Se chi raccoglie gestisce anche l’impianto, non si muove per obiettivi, ma ragiona per quello che conviene portare all’impianto».
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