Batteri nelle acque usate per lavorare il pesce Sequestrata la società Jonica pesca di Acireale

È una delle «maggiori società del settore ittico operanti in Sicilia», eppure avrebbe messo in commercio ingenti quantitativi di pesce adulterato e contraffatto, in particolare stoccafisso e baccalà. Si tratta della Jonica pesca snc, con sede in contrada Cianciana (ad Acireale). L’azienda avrebbe usato della calce edilizia al posto della calce per uso alimentare nonché acqua prelevata da un pozzo nei pressi del capannone che, a seguito delle analisi di qualità eseguite dall’Asp di Catania, avrebbe presentato un alto tasso di batteri coliformi.

Sono le accuse della procura di Catania a seguito delle indagini condotte dalla guardia costiera e dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico. Lo stabilimento produttivo è stato sequestrato mentre Giuseppe Valastro, 68 anni, amministratore e legale rappresentante della ditta, è stato sottoposto al divieto di dimora. L’inchiesta è partita alla fine del 2018 a seguito di un controllo di polizia marittima sul rispetto della normativa nazionale e comunitaria. Le prime irregolarità sarebbero emerse subito, spingendo gli investigatori a fare ulteriori controlli.

Così dalla guardia costiera la faccenda è passata in mano al Noe che ha individuato il pozzo: esterno all’area dello stabilimento e usato abusivamente da parte del titolare per la lavorazione del pescato e la pulizia dei locali. I controlli non si sono fermati: reati ambientali, violazioni in materia di norme di sicurezza dei luoghi di lavoro, l’assenza della documentazione di autorizzazione allo scarico e di quella che attestava i campionamenti per il monitoraggio delle acque. 

Jonica pesca, nonostante quanto dichiarato, non si limitava poi alla sola conservazione e commercializzazione dei prodotti ittici, ma anche alla lavorazione, trasformazione, affumicatura e confezionamento. Infine è stata rilevata nello stabilimento la presenza di telecamere di videosorveglianza rivolte all’interno dei luoghi di lavoro, senza che l’Ispettorato le avesse autorizzate. Adesso, però, sono arrivati i sigilli della magistratura.

Luisa Santangelo

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