La «taverna» al centro del mondo dell’antica cucina siciliana raccontata dalla voce dello scrittore e storico cultore delle nostre tradizioni, Gaetano Basile.
Come nasce il «falsomagro?» Perché si dice «pasta agglassata?» Perché la chiamiamo «melanzana alla parmigiana» se quando fu inventata il parmigiano non esisteva ancora? Perché si chiama «pasta alla palina?» Cos’hanno a che fare i «ciciri» con la dominazione francese a Palermo?
Dietro ognuna di queste domande si fondono pezzi di vita di Palermo. Storie che un tempo avevano un luogo fisico: la taverna. E adesso, invece, quello spazio si potrà vivere al Sanlorenzo Mercato, in via San Lorenzo 288 a Palermo. Storie di taverna, dunque, con due appuntamenti a tavola, il 6 febbraio e il 19 marzo, per mangiare nell’osteria del Mercato alcuni dei piatti storici della nostra tradizione, raccontati attraverso ricette originali, ricostruite dal percorso storiografico di Basile. Ogni pietanza sarà come la pagina di un libro affascinante, tutto da scoprire, per provare la sensazione di mangiare esattamente le stesse cose che mangiavano i nostri nonni e i nonni dei nostri nonni.
Le cene, a numero chiuso e ingresso limitato, con un massimo di cinquanta posti, avranno dei menù speciali e ogni portata sarà raccontata e descritta da Gaetano Basile, tra curiosità, documenti inediti, aneddoti divertenti, testimonianze storiche ufficiali e oggetti originali recuperati.
«A Palermo la taverna, dalla parola latina taberna, – dice Basile – è luogo dove si beve pagando, talvolta trovasi da mangiare. Un termine vecchio di oltre duemila anni. Non furono locali malfamati come si è indotti a credere giacché ben frequentati, e concentravano anche funzioni sociali oggi assolte ad esempio da bar e paninerie. A Palermo le taverne furono celebri e celebrate fin dal XIII secolo. L’abate Meli e il professore Pitré ricordano per esempio quella della Za Sciaveria. Della celeberrima Musica d’Orfeo (per il murales che la decorava) resta solo il nome a una traversa di corso dei Mille, ma molte altre sono rimaste nei ricordi o nelle testimonianze di chi le ha vissute».
Quindi un modo per ritornare alla memoria di quei luoghi che narrano di una Palermo ormai dimenticata, dove la taverna era momento, oltre che ludico e godereccio, soprattutto di aggregazione. Un tempo dove per fortuna o per sfortuna i cellulari non esistevano ancora.
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