Cari mariti, fidanzati e compagni, da oggi potete dormire tranquilli: litigare con la suocera e, magari, essere arroganti e indisponenti, non è reato. Lo ha stabilito la corte d’Appello di Palermo, che ha assolto Rosario Lo Cascio, marittimo di 62 anni, «perché il fatto non costituisce reato» dopo la condanna in primo grado a un anno per le accuse di stalking e violenza privata nei confronti della madre della moglie, Anna Rita Schiavo.
Secondo i giudici le liti c’erano ed erano provocate dalla convivenza forzata ma anche da motivi d’interesse. E, per giunta, a provocare questi battibecchi sarebbe stata proprio la suocera e non il genero, si è espressa la Corte accogliendo le tesi degli avvocati difensori. Motivo del contendere? Soldi non restituiti. Lo Cascio, infatti, aveva aiutato la suocera a riscattare l’alloggio popolare di corso dei Mille in cui viveva, prestandole 24 milioni di lire, nel 1997. Ma il debito sarebbe rimasto tale tanto da arrivare ad un decreto ingiuntivo e a una transazione con cui la donna si impegnava a cedere la nuda proprietà dell’appartamento.
Accordi mai rispettati fino a sfociare a vere e proprie percosse che, però, nel processo di secondo grado non sono state dimostrate. Invece ci sarebbero stati piccoli dispetti, come chiudere le porte delle stanze di casa a chiave, per impedire l’accesso alla donna e poi grida, parole forti, che secondo il giudice monocratico di primo grado sarebbero sfociate in stalking e che avevano fatto condannare l’uomo.
Adesso la terza sezione della corte d’Appello, presieduta da Antonio Napoli, ha ribaltato la sentenza confermando la tesi dell’avvocato Antonio Palazzotto che ha dimostrato che i fatti non sono penalmente rilevanti ma comunque giustificati dando ragione a Lo Cascio.
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