Banca d’Italia apre all’arte del dopoguerra In mostra 40 opere sul miracolo italiano

Dalle diverse sedi della Banca d’Italia, raccolte in un’unica, importante collezione, arrivano per la prima volta a Palermo, Capitale Italiana della Cultura 2018, 40 opere di 30 artisti che hanno segnato il secondo dopoguerra, negli anni Cinquanta e Sessanta. Si tratta di un altro appuntamento a disposizione dei palermitani che potranno ammirare gratuitamente i dipinti alla Fondazione Sant’Elia, da oggi fino al 28 febbraio, esposti nella mostra Altre Stanze anni ’50 e ’60, a cura di Mariastella Margozzi e Morena Costantini.

Un patrimonio prezioso e vario, che si è costituito nel tempo, riuscendo a raccontare lo sviluppo dell’arte figurativa italiana e le trasformazioni sociali del Paese. Una collezione destinata agli ambienti di rappresentanza degli istituti di credito, ma che esce dagli studi dirigenziali per percorrere quella stessa Italia che fa parte del racconto. L’arte va di pari passo alla ripresa, al rilancio, al sogno italiano; racconta un Paese uscito dalla guerra che faticosamente rinasce alla ricerca della democrazia, del benessere delle famiglie, di una maggiore libertà. 

Un periodo che è riduttivo definire solo vivace, è vivo e, nello stesso tempo, consapevole della realtà attorno: è l’Italia del primo Festival di Sanremo (1951), del maestro Manzi che dalla TV (1954) insegna agli adulti a leggere e scrivere; le borgate di Pasolini contro la Dolce Vita e il miracolo economico; la valigia di cartone vs i jeans; del Piano Marshall, del paragone con gli States, delle prime lavatrici e frigoriferi; Enrico Mattei all’ENI e Adriano Olivetti tra i privati. 

Ed eccoci al mondo dell’arte: dalla tradizione figurativa, ancora presente nei primi anni Cinquanta, all’astrattismo informale, la collettiva offre la possibilità di apprezzare le composizioni dei più noti artisti italiani e dei gruppi che in quegli anni si sono formati. «Altre stanze trae il suo titolo – spiega Mariastella Margozzi – da un’opera di Corrado Cagli del 1950, che testimonia l’uscita di queste opere dalle stanze nelle quali sono abitualmente collocate, non visibili al pubblico. Ognuna delle opere è unica nel proprio habitat e nel dialogo con esso, ma in questa occasione si offrono insieme con l’ambizione di tendere dei fili che le riconnettano al flusso dell’arte italiana fino alla fine degli anni ’60».

Da Lucio Fontana a Franco Angeli, da Renato Guttuso a Carla Accardi, da Turcato a Burri, da Ugo Attardi ad Enrico Baj, Giorgio De Chirico, Tano Festa: creativi, affabulatori, per nulla inclini a cedere le armi, ognuno convinto del suo segno: ognuno ha qualcosa di profondo e intimo da comunicare. La raccolta della Banca d’Italia non ha un filo conduttore preciso, non è orientata verso questa o quella tendenza, ma racchiude opere acquistate soprattutto sul mercato nazionale e internazionale, tra la fine degli anni ’80 e gli anni 2000, per rispondere a un’esigenza di rappresentanza. Si ricompone in questa mostra, una sorta di puzzle che fornisce un ottimo contributo alla narrazione della storia dell’arte italiana dei due decenni ’50 e ’60.

Fabio Geraci

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