Bambini di Casteldaccia, oggi 26 anni dalla scomparsa «Indagine sempre diretta su ramo palesemente morto»

«L’indagine si è diretta su un ramo morto, un ramo palesemente errato che non avrebbe mai potuto portare a un risultato». Non usa mezzi termini l’avvocato Giacomo Frazzitta, legale nominato dalla famiglia Colletta per riprendere in mano il fascicolo sulla scomparsa del figlio Salvatore, avvenuta il 31 marzo 1992, quando aveva solo 15 anni. A scomparire insieme a lui da Casteldaccia quel giorno è anche un altro bambino di 12 anni, Mariano Farina, la cui famiglia al contrario sembra quasi aver definitivamente voltato pagina iniziando una nuova vita negli Stati Uniti ormai quasi vent’anni fa. «Un ramo morto», continua a ripete l’avvocato, alludendo alla pista che in questi anni, fra gli alti e bassi del caso, ha tenuto banco per più tempo. Quella mafiosa. «Sono stati particolarmente caparbi e hanno interrogato pentiti su pentiti, ma era evidente che quella strada non poteva portare a niente».

Proprio la teoria della ritorsione da parte di Cosa nostra verso i due ragazzini, tornata in auge l’anno scorso dopo il ritrovamento dei resti di Roccamena in quello che è stato ribattezzato dagli inquirenti cimitero di mafia, non sembra aver prodotto nessun risultato. «A distanza di tredici mesi i carabinieri di Monreale non ci hanno detto ancora nulla rispetto al test del Dna a cui mi sono sottoposta – spiega la mamma di Salvatore Colletta, Carmela La Spina -. È vergognoso. Mi hanno detto che se dovessero esserci delle novità si faranno sentire loro, ma fanno passare davvero troppo tempo, io aspetto risposte già da 26 anni». Un collegamento, quello con questi resti, che però da subito è apparso improbabile e che in via ufficiosa è stato smentito sin dall’inizio, perché le ossa «risalirebbero agli anni ’60-‘70».

Secondo il legale e anche secondo la famiglia Colletta, la pista più interessante – quella che rappresenterebbe un’ipotesi più fertile dal punto di vista investigativo – sarebbe stata inspiegabilmente tenuta fuori. Un ramo, al contrario, «che ha la sua rilevanza. Adesso chiediamo – spiega l’avvocato Frazzitta – che proprio quel ramo venga finalmente seguito, perché ha un suo riscontro oggettivo nell’immediatezza dei fatti con testimoni terzi che confermano determinate cose e orari». Una pista che chiama direttamente in causa quelli che all’epoca della scomparsa erano solo dei ragazzini, fondamentali secondo il legale perché amici e frequentatori di Salvatore e Mariano e a conoscenza di quel piano per allontanarsi poi diventato una scomparsa a tutti gli effetti.

Quei ragazzini, oggi adulti e tutti lontani da Casteldaccia, smentirebbero di fatto anche quanto ammesso all’epoca da un altro conoscente dei due scomparsi, un ragazzino anche lui, per Frazzitta solo «un mitomane che forse voleva entrare nella vicenda con manie di protagonismo e che sin dall’inizio ha detto una serie di stupidaggini che hanno volutamente deviato ogni cosa, portando l’indagine su una strada morta che è proseguita negli anni». Informazione, le sue, «palesemente false» e in contraddizione con quanto riferito da quei testimoni terzi che quel pomeriggio del 31 marzo ’92 casualmente si imbattono in Salvatore e Mariano: dal proprietario dei generi alimentari a Giovanni Montalto, all’epoca poco più grande dei due, che raccontò di averli lasciati col suo motorino in contrada Gelso lì a Casteldaccia: era stato Mariano a dirgli di farli scendere là, rivelandogli che voleva scappare di casa.

Fino al fratello del 12enne, Ignazio Farina: anche lui li avrebbe incontrati quel giorno. Anche se a distanza di 26 anni proprio lui avrebbe ammesso alla famiglia Colletta, che lo ha rintracciato telefonicamente, di aver detto «cose così» all’epoca, sottolineando di essere stato solo un bambino. Intanto, a dispetto delle indicazioni giunte dai tre testimoni, le indagini si sono concentrate molto su quanto detto soprattutto dal presunto mitomane di Frazzitta, che ha tirato in ballo nella storia altri due compaesani, tali Peppe e Nino: «Secondo me nella vicenda di quel pomeriggio non c’entrano assolutamente niente – dice il legale -. È inutile continuare a cercare questi due, non hanno niente da poterci dire. È probabile che esistessero e che in qualche maniera avessero avuto a che fare nei giorni precedenti con questi ragazzini, ma di Peppe e Nino quel pomeriggio collegato alla scomparsa non si hanno notizie da parte di testimoni terzi, che dunque non hanno motivo di darci l’informazione sbagliata».

La famiglia Colletta però non ha mai smesso di chiedere risposte in tutti questi anni, appellandosi continuamente alla magistratura perché tornasse sulla pista degli amici dell’epoca e non archiviasse il fascicolo, ipotesi per cui la difesa sta già preparando un’opposizione da presentare nei prossimi mesi. Tra le richieste avanzate dall’avvocato Frazzitta anche quella di risentire proprio gli amici dei due bambini. «Saranno tutti interrogati a giugno, una cosa che andava fatta già 26 anni fa – dice mamma Carmela -. Compreso Ignazio Farina, lui potrebbe sapere molto più di quello che disse nel ’92. Forse non parla per paura, non lo so. Fece dei nomi, ma poi più niente. È brutto non sapere nulla, spero che le nuove indagini portino finalmente a qualcosa, qualunque sia la risposta».

Silvia Buffa

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