Baby pride, la lettura contro gli stereotipi di genere «Bambini devono conoscere diversità e rispettarle»

Un pride per bambini in seno a quello per adulti in corso questa settimana a Catania. L’idea è di Vera Navarria ed è stata accolta con entusiasmo dal Comitato organizzativo della Pride Week etnea, prevedendo letture inclusive per bambini dai cinque anni di età in su. Un’elefantina grigia, un circense sensibile e un piccolo uovo confuso avranno il compito di superare gli stereotipi di genere, attraverso la voce di due drag queen, Sovranity ed Iris. «Bisogna ribaltare gli stereotipi sin dalla prima infanzia: i bambini sono gli esseri più liberi ma imparano presto da noi adulti cose sbagliate», spiega l’ideatrice a MeridioNews. L’appuntamento è per il 28 giugno in via Crociferi.

Un’iniziativa importata da altri pride, come quelli di Palermo e Milano, ma nuova a Catania. Fondata sulla lettura di tre libri: «Ho voluto selezionare testi con messaggi differenti», precisa Navarria. «Piccolo uovo (Lo stampatello), che riguarda la varietà delle famiglie, da quelle omogenitoriali a quelle con genitori single; Rosaconfetto (Motta junior), che mira a superare il clichè della donna fragile, mentre Ettore, l’uomo straordinariamente forte (Settenove) quello del maschio che non piange. È importante spiegare ai bambini che la forza dell’uomo non sta nei muscoli ma nella sua sensibilità».

Una convinzione maturata durante gli anni da attivista di Arcigay contro il bullismo nelle scuole medie e superiori, «dove mi sono resa conto che gli stereotipi vanno combattuti già dalla prima infanzia» prosegue. «I bambini possono e devono crescere esattamente per quelli che sono, senza avere paura delle diversità; anzi al contrario devono conoscerle e rispettarle. Per trasmettere questo messaggio ovviamente ho scelto letture adatte alla loro età». L’iniziativa si adatta anche alla piega intrapresa dai pride recentemente. «Ormai si tratta di manifestazioni sempre più inclusive, che attraggono intere famiglie. Un pomeriggio dedicato ai bambini mi sembrava l’ideale», conclude.

Antonia Maria Arrabito

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